L’altra faccia dello smart working è emersa durante un seminario a cui ho partecipato in qualità di relatore. Due ore di scambio con una collega HR che lavora in un’azienda che è riuscita a rispondere velocissimamente all’emergenza Covid e alla chiusura forzata delle attività produttive implementando un sistema informatico hardware e di collegamenti con tutti i dipendenti che si sono trovati a lavorare da casa dall’oggi al domani.
Se c’è una cosa che il Covid ha insegnato è che si può fare, e questo non lo nega più nessuno. Tanti parlano di new normal ma, credo, senza rendersi conto veramente di cosa sia il new normal e di cosa questo comporti. L’altra faccia dello smart working di cui pochi tengono conto riguarda tutti, anche quelli che “lo smart working no” a prescindere. Anche loro verranno travolti inevitabilmente da un cambiamento già in atto. Qui di seguito quanto è emerso nei ragionamenti ad alta voce che abbiamo fatto durante il seminario.
L’altra faccia #1: le imprese cambieranno. Sembra un trito e ritrito ma con sorpresa mi sono accorto che non è stato digerito il cambiamento strutturale a cui le imprese si dovranno adattare.
- le 3C sono andate definitivamente in pensione, su questo nessuna novità. Ormai lo sanno anche i sassi che il vecchio modello organizzativo si è dimostrato obsoleto e va cambiato;
- il management da reinventare. Anche qui nessuna novità ma per approfondire la tematica ed avere qualche strumento in più suggerisco la lettura di “VIVERE SMART: Manuale di sopravvivenza ai tempi del distanziamento” che ho recensito recentemente su #30giorni1libro;
- quello che non è stato realmente compreso è che a cambiare non saranno solo i livelli apicali e a beneficiare dello smart working non saranno solo i colletti bianchi. Anche in questo caso suggerisco di leggere “In-dipendenti” di Marco Bentivogli (anche questo lo potete trovare su #30giorni1libro) in cui l’autore spiega un fenomeno già in atto in altre Nazioni: l’automazione totale della fabbrica. Seguendo la legge di Moore quanto ci vorrà prima che le fabbriche diventino robotizzate e vengano comandate da remoto? Se sei scettico e pensi che potrà accadere tra decine di anni ti sbagli, sta già accadendo;
L’altra faccia #2: la gestione HR sarà completamente diversa e con logiche stravolte. Vediamo solo alcune delle dimensioni che sono state toccate durante la discussione.
- il bacino di selezione. Essere senza confini geografici è uno degli aspetti dello smart working. Lo spazio disgregato e disaggregato, assieme al tempo sfilacciato, pone in essere una questione davvero importante per certe mansioni: distruzione del vincolo territoriale delle assunzioni. Il mi bacino di assunzioni si amplia a dismisura. Se mi serve un ingegnere, un commerciale, una persona che si occupi di contabilità e finanza e mille altre figure ancora, non devo per forza cercarli nelle vicinanze;
- questo creerà inevitabilmente una competizione di saperi. Se il mio sapere era quasi unico nel raggio di 100km, non essendoci più vincoli territoriali il mio sapere è in competizione con mille altri competitor che posseggono lo stesso mio sapere, o forse anche di più, sparsi in ogni dimensione raggiungibile con una connessione internet;
- questo comporterà inevitabilmente una competizione tra i saperi e la naturale riduzione del loro costo ma anche l’emersione di super specialisti che saranno super ricercati. Gli altri verranno inseriti all’interno di un ranking e il posizionamento dipenderà delle competenze possedute;
- dilatazione dello spazio significa dilatazione della socializzazione. Uno dei problemi più grandi sarà quella di gestire il team da remoto. Engagement, employer branding ed employee advocacy la faranno da padroni. Chi è fuori da queste logiche verrà lentamente escluso dal mercato;
L’altra faccia #3: in un mondo dilatato il welfare aziendale avrà bisogno di essere rivisto. Di questo abbiamo abbondantemente parlato con gli autori del volume “Non bastavano i buoni pasto? Come e perché prendersi cura delle proprie persone (2.0)” edizione rivista 2020. Possiamo dire che, in presenza di un sistema che preveda l’uso dello smart working
- il buono pasto non ha più senso. Non per riprendere il titolo del libro che abbiamo scritto ma, se ci pensiamo, per tutti coloro che lavorano da casa il buono pasto non ha più molto significato e lo ha ancor di meno il buono benzina. Il sistema di benefit e perquisites dovrà essere completamente ripensato;
- ci si dovrà interrogare su quali saranno le nuove frontiere del welfare aziendale. Di certo qualcosa dovrà cambiare soprattutto in virtù delle nuove esigenze emerse. Nel manuale che abbiamo redatto un bel capitolo è stato dedicato al new normal;
- se non ci sono più vincoli di territorialità il welfare avrà due dimensioni: la prima segue la strada già tracciata delle piattaforme che offrono servizi acquistabili a distanza, la seconda forma di welfare valorizzerà sempre più il sistema locale. Le imprese dovranno ragionare parecchio sulle offerte del territorio in cui il collaboratore risiede, soprattutto per quei collaboratori che risiedono a centinaia di chilometri di distanza. Una bella sfida attende l’HR e il marketing;
L’altra faccia #4: sindacati ed organizzazioni datoriali non si sono dimostrati pronti, sia ad accettare questa nuova forma di lavoro, vedi le polemiche innescate inutilmente durante la pandemia e il lock down, sia ad avere la volontà perseguire un cambiamento già in atto e richiesto a gran voce dalle persone.
- già l’uso della contrattazione di secondo livello aveva messo in dubbio l’esigenza di avere una rappresentanza, per entrambi i fronti, che garantisse il lavoratore. La contrattazione di secondo livello conferisce proprio alle parti (azienda-persona) i ruoli di protagonisti attivi e decisori finali. Ora con lo smart working entreremo sempre di più in un concetto di libertà decisionale ed operativa che allontanerà ancora di più le persone dalle logiche contrattuali precedenti;
- lo smart working ha cambiato il lavoro e i lavoratori. Questo, prima o poi, renderà obsolete le logiche dei tesseramenti ed di affiliazioni che in questi anni hanno risentito di alcuni contraccolpi potenti. Non si dimentiche che le percentuali mostrano che i tesseramenti sindacali sono in drastico calo e che alcune aziende (si ricordi il caso Marchionne che fece da apripista) stanno pensando di uscire dalle associazioni datoriali incapaci, oramai, di rispondere alle specifiche esigenze imprenditoriali;
L’altra faccia #5: i CCNL sanno di vecchio e sono spesso addirittura limitanti per lo sviluppo delle persone.
- se è vero che i CCNL sono utili a garantire i diritti personali dei lavoratori, si veda il caso dei Rider, è altrettanto vero che i CCNL rispondono ancora ad una logica di presenza ove la fa da padrone il concetto di controllo diretto che le aziende più evolute iniziano progressivamente ad abbandonare (vedi il caso Fast Web). Nello smart working, ragionando sulla dimensione personale di fiducia-responsabilità, non trova spazio di coesistenza il pensiero del controllo diretto. I CCNL vanno rivisti, se non completamente, in buona parte per rispondere alle esigenze nate dalla nuova condizione di lavoro a distanza. Tanti auguri al legislatore che dovrà affrontare la revisione delle centinaia di documenti diversi e si dovrà scontrare con l’opposizione dello organizzazioni di cui al #4;
- umilmente, da non giurista, proporrei di partire dal concetto di lavoro che è presente nel Codice Civile che, a mio modestissimo parere, lascia poco spazio ad una visione del lavoro che non sia quella di subordinazione;
- cambiando la relazione contrattuale va da sé che cambieranno le metriche per valutare il merito. Su questo chi si occupa di MBO farà da apripista e, senza scartare tutto il lavoro fatto in precedenza, avrà di che riflettere per strutturare al meglio un sistema efficace di valutazione;
Introdurre una maggiore libertà operativa non comporta necessariamente una inoperatività del collaboratore, anzi, molto spesso garantisce una maggiore produttività. Per gli antagonisti dello smart working, tendo a precisare che questa considerazione vale per chi ha deciso di avvalersi di questa forma di lavoro. Resta ovviamente la possibilità di gestire il lavoro come si vuole, se qualcuno si trova meglio in ufficio ben vengano gli spazi attrezzati che dovranno essere rivisti sia per rispettare la sicurezza, sia perché una buona parte dei collaboratori sceglieranno probabilmente una forma mista che renderà poco necessarie le ampie metrature fino ad ora richieste dagli uffici. Per ultimo, ma non in termini di importanza, lo smart working cambia il modo di concepire la giornata lavorativa, la dimensione spaziale, quella temporale e quindi l’organizzazione familiare e, quindi, sociale. Presto o tardi con questo dovremo fare i conti.
Sono consapevole che questo articolo meriterebbe un’enciclopedia di approfondimenti e che il discorso è generale e per nulla verticale, tuttavia ho voluto riportare quanto emerso dal dialogo che si era innescato come spinto per altre riflessioni ben più profonde di quelle qui elencate. Concludo dicendo che le mie previsioni e considerazioni potrebbero contenere degli errori, ma se c’è un errore di valutazione da parte mia non è sul se ma sul quando tutto questo accadrà e, a mio parere, il quando è già ora.
Piero Vigutto
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