*Nota: non percepisco denaro per la segnalazione di questi testi e la recensione pubblicata è frutto della mia personale opinione.

“Oltre sé stessi” è un’opera che va ben al di là della semplice definizione di performance, proponendo un viaggio alla scoperta del proprio potenziale più autentico. Giorgio Nardone, con l’aiuto di Stefano Bartoli, combina l’esperienza clinica della terapia breve strategica con i contributi delle neuroscienze e della psicologia della performance. Fin dalla prima pagina emerge un approccio fresco ed esplorativo: il talento viene paragonato a un diamante che richiede la giusta “incoscienza educata”, una sorta di equilibrio tra impulso intuitivo e controllo consapevole della propria mente.
Il testo cerca di rispondere a domande che hanno affascinato generazioni di pensatori e grandi menti: cosa distingue un artista, uno scienziato, un atleta o un manager capace di toccare gli apici della propria disciplina? La risposta emerge in una combinazione tra resilienza, flessibilità, adattabilità, dedizione costante e capacità di sostenere il rischio del fallimento. La struttura del libro si sviluppa attraverso più capitoli, come quello dedicato alla “trance performativa” e all’“incoscienza educata”, dove l’autore mostra come la mente, a volte, agisca meglio quando la consapevolezza si allenta in favore di uno stato mentale fluido e reattivo.
Un altro aspetto centrale è la distinzione tra mente veloce e mente lenta: la prima regola le azioni intuitive, la seconda interviene con riflessione e analisi approfondita. Attraverso questa lente, gli autori spiegano come ottimizzare la performance e superare i propri limiti, sfruttando consapevolmente entrambe . Il cuore del messaggio sta nell’idea che non si tratta di perseguire la perfezione assoluta, ma di coltivare un percorso di continuo miglioramento, guidato dalla disciplina, dalla curiosità e dalla determinazione.
La concretezza è un tratto distintivo: esempi concreti, citazioni di figure come Steve Jobs e Albert Einstein e aneddoti di vita reale rendono il libro intuitivo e accessibile pur trattando temi complessi. I lettori apprezzano il linguaggio chiaro, emotivamente coinvolgente ma privo di tecnicismi ostici . Molte recensioni segnalano la capacità del libro di accompagnare verso una riflessione profonda, senza appesantire: sembra di avere al fianco una guida, non un teorico.
La parte finale, incentrata sul talento come diamante da valorizzare, chiude il percorso offrendo una immagine potente: il talento va coltivato con cura, ma anche stimolato affinché non si limiti all’esistente. “Oltre sé stessi” è quindi una mappa per chi desidera trasformare la propria performance in qualcosa di autentico, non un semplice sprint verso il risultato, ma un’evoluzione costante che abbraccia corpo, mente ed emozioni.
In conclusione, “Oltre sé stessi” si propone come un testo di grande ispirazione e rigore, rivolto a chi vuole esplorare i propri limiti e oltrepassarli con saggezza e consapevolezza. Un titolo che unisce scienza e poesia, pratica e riflessione, consigli tecnici e stimoli emotivi. È una lettura preziosa per professionisti, studenti, manager e chiunque desideri trasformare passione e talento in performance di senso.

Tessa West, psicologa sociale della New York University e autrice della recente pubblicazione “Sei felice al lavoro?”, esplora il legame profondo tra la nostra vita professionale e il benessere psicologico, proponendo un sentiero che non punta all’illusione della perfezione ma alla comprensione autentica delle proprie emozioni, soprattutto la felicità al lavoro. Partendo dal presupposto che la frustrazione professionale insorga più spesso dai bisogni emotivi inespressi che da problemi concreti come un manager poco incisivo o compiti banali, West propone di analizzare le radici del malessere a partire da ciò che proviamo, non solo da ciò che facciamo, accostando la felicità al lavoro a un rapporto personale che richiede la stessa attenzione psicologica della vita privata.
Il fulcro della sua analisi risiede nella definizione di cinque profili di “frustrazione professionale”, e l’autrice li descrive con sensibilità e precisione: si va dal lavoratore in crisi d’identità a chi percepisce di essere un “genio incompreso”, passando per chi si sente esaurito o relegato a un ruolo da “secondo classificato”. Di fronte a ciascuna situazione West non offre scorciatoie decorative, ma un percorso che parte dalla consapevolezza. L’idea è che, spesso, a indurci a cambiare lavoro non siano eventi traumatici ma un insieme di segnali sottili accumulatisi nel tempo.
Nel delineare i profili, l’autrice propone test di autovalutazione e domande operative da porsi con onestà terapeutica, ponendo l’accento sull’idea che la felicità professionale non nasca dall’ambizione o dalla pressione esterna, ma dall’allineamento tra bisogni psicologici e contesto lavorativo. Ogni capitolo si conclude con suggerimenti mirati e spunti pratici orientati non tanto a spingere verso un nuovo impiego, ma a trasformare il rapporto attuale con la felicità al lavoro, a rivalutarlo, ridefinirlo o, se necessario, prenderne distanza in modo consapevole.
La rigorosa documentazione scientifica non appesantisce la narrazione, anzi conferisce al testo un tono equilibrato e rassicurante. Le interviste a migliaia di recruiter e di professionisti che hanno vissuto una transizione lavorativa arricchiscono la riflessione con voci reali e storie di cambiamento. West mostra come le cause profonde dell’insoddisfazione possano essere condivise, universali, ma anche rimodellabili attraverso piccoli aggiustamenti di mentalità e comportamento.
Il contributo più rilevante del libro sta nell’accettazione dell’incertezza come elemento di crescita. Sentirsi “non pronti” a cambiare o insoddisfatti non è un vuoto di esperienza, ma una porta verso una maggiore consapevolezza. West sfida la rigidità mentale che vuole tutte le risposte prima di agire, invitando invece a navigare dentro il dubbio, come si farebbe in uno spazio di autoterapia che conduce alla scoperta di sé.
La chiarezza espressiva – evidenziata anche da lettori che definiscono il libro “una guida psicologica” e lo apprezzano per i profili curiosi e gli esempi applicativi – rende il volume non un manuale prescrittivo, ma una bussola per orientarsi nelle scelte. Il testo sottolinea come la felicità al lavoro non sia un privilegio, né una ricetta per la perfezione, ma un obiettivo realistico se si impara a riconoscere e ascoltare i propri bisogni .
Ovviamente, chi cercasse modelli organizzativi o best practice procedurali potrebbe restare deluso: lo spazio è dedicato all’individuo, al suo vissuto, ai suoi sentimenti e alle sue capacità di fare domande, rallentare e trasformare. Non mancano però richiami alla relazione con recruiter, capi e colleghi, e suggerimenti concreti per affrontare interviste, riconfigurare il proprio profilo professionale e connettersi con possibilità più autentiche .
In conclusione, “Sei felice al lavoro?” è una lettura capace di provocare riflessione e, soprattutto, azione. Non promette miracoli, ma invita a prendersi cura della propria relazione più lunga: quella con la felicità al lavoro. È un’offerta di rigenerazione psicologica più che professionale, perfetta per chi si sente sospeso, stanco o indeciso, ma anche per chi semplicemente desidera vivere la felicità al lavoro come un’esperienza appagante e sostenibile.

Quando la stabilità non basta più e il salario perde appeal, Il lavoro da offrire, la proposta da accettare si presenta come uno specchio delle dinamiche tra aziende e professionisti che stanno ridefinendo il patto psicologico tra individuo e impresa. Con spirito collaborativo, tre figure complementari – un consulente del lavoro, una formatrice esperta di employer branding e un giornalista HR – convergono per delineare una lettura chiara e ricca di concretezza, offrendo al lettore strumenti utili a comprendere quali elementi oggi fanno davvero la differenza in un’offerta professionale. Ispirandosi alla filosofia del welfare integrato e alla sostenibilità sociale, gli autori sostengono la necessità di una narrazione nuova del lavoro sostenibile, che non può più limitarsi agli aspetti economico-finanziari, ma deve arricchirsi di dimensione relazionale, aspirazionale e valoriale.
Il testo si apre con una riflessione sulle nuove priorità delle persone, evidenziando come fattori quali benessere psicofisico, equilibrio tra vita privata e lavoro sostenibile, senso di appartenenza abbiano soppiantato, o affiancato, il mero aspetto retributivo. Gli autori sollevano una domanda semplice ma potente: cosa rende un’offerta di lavoro davvero attrattiva nel 2025? Non nasce dalle clausole contrattuali, ma da promesse autentiche che le aziende sanno mantenere e comunicare con chiarezza. Insieme a chi cerca lavoro sostenibile, le imprese oggi sono chiamate a riflettere sul proprio impatto sociale, sulla propria reputazione interna ed esterna e sul modo in cui trasformano i valori in pratiche tangibili .
Poi il volume evolve in un dialogo tra voci aziendali e casi emblematici, nei quali operano player come Enel, EssilorLuxottica, Ferrero, Leroy Merlin, Nestlé, Reale Group e Siemens. Da queste aziende emergono pratiche virtuose di welfare, gamification del lavoro, formazione continua e politiche per la retention, supportate dalla panoramica di un chiaro collegamento tra benessere organizzativo e produttività. Le testimonianze qualificano il testo come non ideologico, ma radicato nel reale, rendendo concreta l’idea che il “match lavorativo” – se realmente sostenibile – è possibile.
Il cuore del libro risiede in un kit di autovalutazione, composto da undici strumenti pratici per testare la propria offerta professionale e abilità a orientarsi tra le molteplici forme di lavoro sostenibile oggi disponibili: dal freelance alla P.IVA, dal lavoro tradizionale al progetto temporaneo o alla startup. L’approccio non è prescrittivo ma orientativo: l’obiettivo è accompagnare il lettore attraverso un viaggio personale e professionale più consapevole, capace di individuare rispetto, valori e crescita oltre la retribuzione.
Nonostante la ricchezza dei contenuti, il testo si mantiene agile e accessibile: i dati vengono presentati lucidamente, le testimonianze si incastonano in modo funzionale, il linguaggio evita tecnicismi inutili e spiega concetti come ESG, welfare o employer branding in modo inclusivo. La tridimensionalità degli autori – gestione contrattuale, formazione HR, comunicazione – consente di leggere il fenomeno da molteplici punti di vista, offrendo una visione trasversale e coesa insieme.
Il limite maggiore del volume deriva forse dalla sua ampiezza: condensare tanti temi in poco più di 200 pagine può risultare affrettato per alcuni, soprattutto chi cerca approfondimenti legali o modelli quantitativi di welfare. Tuttavia, questa concisione è anche un punto di forza: rende il libro adatto a un pubblico ampio – manager curiosi, HR, giovani in cerca o in fase di transizione – senza perdere in chiarezza e utilità.
In definitiva, Il lavoro da offrire, la proposta da accettare rappresenta un contributo rilevante per riflettere sul senso del lavoro oggi, sui fattori che rendono una proposta attrattiva e sulle attese di benessere di entrambe le parti. È un testo di riflessione e azione, pensato per sostenere una transizione verso un mercato del lavoro sostenibile che sia più umano, inclusivo e intelligente, in cui valore e valore percepito coincidono.