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Smart working. Quel che non ha capito Sala

Vorrei che il sindaco Sala leggesse questo articolo del Corriere della Sera. Smart Working? La nuova evoluzione del lavoro è già in atto e non si torna più indietro. Le catene dell’orario predefinito, della sirena, del claustrofobico cartellino sono state spezzate per sempre e c’è già chi pensa di non tornare più indietro. Le aziende risparmiano in costi e così fanno le famiglie a cui si aggiunge il tempo di vita.

Bene ha fatto il mio amico Amedeo a spostarsi in campagna da dove potrà lavorare senza imbottigliarsi nel traffico Torinese. Caro amico mio, tu hai capito tutto ben prima del Covid19. Amedeo è un fortunato perché la sua azienda (CNH Industrial) ha capito prima di altri che inchiodare le persone ad una sedia non era più una pratica percorribile (ne ho parlato in un’intervista a Marco Bernardon, HR manager di CNH disponibile sul mio blog).
Quali saranno le ripercussioni sul mercato immobiliare ancora non si sa, attendiamo di capire cosa faranno davvero le aziende una volta che l’emergenza sarà rientrata. Quello che invece è chiaro è che il management è stato messo a dura prova durante questo periodo e che sono emersi chiaramente alcune questioni:
  1. non è vero che, come dice Sala implicitamente, stare a casa significa non lavorare;
  2. manca un sistema di valutazione della performance (in realtà i metodi ci sono ma non vengono applicati);

Il rischio è che dopo il 31 luglio diventi più comodo ritornare al vecchio modo di gestire le persone (in presenza) che non concentrarsi sulle modalità innovative. Il solo pensarci fa venire il mal di testa a molti:

a. come lo organizzo il lavoro?
b. e dei manager cosa me ne faccio?
c. come valuto la performance?
d. le macchine aziendali e gli altri benefit? come li gestisco?
e. il dipendente pretenderà il rimborso delle spese di adeguamento degli spazi privati (sedie ergonomiche, scrivanie, ecc)?
f. varie ed eventuali.
g. comprare maalox per lo stomaco e paracetamolo per la cefalea del management.

Ma la questione non si ferma qui. Non si può pretendere che lo smart working funzioni se non si offrono gli spazi necessari alle famiglie e si scarica su di loro l’incombenza di tutto. La clausura ha palesato a chi ha figli che diventa quasi impossibile lavorare. Al cambio di passo nel mondo del lavoro deve corrispondere anche un cambio di passo sociale. Devono essere garantite le misure necessarie per la riapertura delle scuole, si investa una buona volta nella ristrutturazione degli spazi scolastici per renderli a norma senza vaneggiare sulle barriere di pexiglass o sulle aule a turnazione. In questo modo si scarica tutta la responsabilità sulle famiglie e forse il vero limite ad uno smart working è proprio questo.

Piero Vigutto

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