- non è vero che, come dice Sala implicitamente, stare a casa significa non lavorare;
- manca un sistema di valutazione della performance (in realtà i metodi ci sono ma non vengono applicati);
Il rischio è che dopo il 31 luglio diventi più comodo ritornare al vecchio modo di gestire le persone (in presenza) che non concentrarsi sulle modalità innovative. Il solo pensarci fa venire il mal di testa a molti:
Ma la questione non si ferma qui. Non si può pretendere che lo smart working funzioni se non si offrono gli spazi necessari alle famiglie e si scarica su di loro l’incombenza di tutto. La clausura ha palesato a chi ha figli che diventa quasi impossibile lavorare. Al cambio di passo nel mondo del lavoro deve corrispondere anche un cambio di passo sociale. Devono essere garantite le misure necessarie per la riapertura delle scuole, si investa una buona volta nella ristrutturazione degli spazi scolastici per renderli a norma senza vaneggiare sulle barriere di pexiglass o sulle aule a turnazione. In questo modo si scarica tutta la responsabilità sulle famiglie e forse il vero limite ad uno smart working è proprio questo.
Piero Vigutto
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