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1000 Curriculum inviati e nessuna risposta… ma qual è il vero motivo?

Ho preso spunto da uno di quei favolosi Meme di Legolize che Mattia Marangon e Luca Altimani pubblicano insieme. Seguo entrambi da un po’ di tempo e devo dire che la fantasia ma soprattutto l’ironia non gli manca proprio. Questa volta hanno scoccato la freccia verso un bersaglio molto dibattuto su LinkedIn: mando 1000 Curriculum ma non risponde nessuno, è quindi colpa delle imprese. In realtà, da uno che di Curriculum ne ha visti davvero tanti, non posso dire che sia vero ma neppure falso.

Imprese che rispondono, dove trovarle? Ormai lo sappiamo tutti perché ognuno di noi ha fatto questa esperienza: sono pochissime le imprese che rispondono al candidato. Questo dobbiamo dirlo, non fa molto employer branding. Ne abbiamo parlato nell’apposito panel non più tardi di un paio di mesi fa ad #HRO2021 dove tre esperte ci hanno intrattenuto proprio su questo tema indicandolo, a ragione, come fondamentale. Proprio perché fondamentale molte aziende si sono fiondate sul tema con approccio casereccio, privo di una strategia e con esiti contraddittori e disastrosi. Sembra strano doverlo ribadire ma è così: inutile parlare di employer branding se poi non rispondi neppure ai candidati. Sono molte le aziende che si rendono palesemente colpevoli di annunci improbabili, job description inesistenti, violazioni palesi della normativa “valutiamo solo candidati (leggi: maschi) under 29″, frasi sibilline del tipo “offriamo un fisso ma solo se raggiungi gli obiettivi”. Siamo nel 2022 e questo tipo di atteggiamento non è più accettabile e dipinge con fosche tinte il ritratto dell’azienda che li pubblica.

Metodi di selezione: Per quale motivo accade tutto questo? Alcune risposte me le sono date, sempre basandomi sulla mia personale esperienza e sul confronto con altri esperti del settore. Manca ancora, purtroppo, una vera cultura delle persone. Una volta si dava la colpa al tempo che scarseggia sempre nel mondo del lavoro e quindi non si riusciva mai a colmare il gap formativo che separa la persona competente da quella improvvisata. Ma lo sappiamo che il tempo non manca, viene solo impiegato in base alle priorità. Si dava la colpa anche al fatto che, soprattutto nelle PMI, l’addetto/a alle risorse umane è l’impiegato/a che si occupa di comunicare le ore al consulente del lavoro. Ecco, questo non è gestire le persone questa è fare le somme senza neppure incorrere in grandi difficoltà. Mi dispiace ma non è più né accettabile né tantomeno proficuo incaricare qualcuno di occuparsi della gestione dei Curriculum se utilizzano metodi di selezione discutibili e non disorganizzati. Non voglio dare la colpa a nessuno ma invitare a considerare che, se “manca” il tempo per la formazione ci sono centinaia di testi utili ad organizzare il processo di selezione.

L’organigramma dice molto: come scrisse Matteo Fini nel suo libro “Jobbers. Giocano a fare i manager e poi si sbucciano le ginocchia” che vi consiglio di leggere per riconoscere quello che NON si deve fare quando si gestiscono le persone, “Breve storia triste. Le HR sotto il finance. Fine della storia triste” (sostituite finance con amministrazione, funziona lo stesso). Quanta verità in poche parole. Ciò che sta sotto il finance è considerato un costo. Se le HR sono un costo qualunque investimento nelle persone viene ridotto all’osso. Questo significa che chiamare un/a candidato/a dopo il colloquio per dire che, nonostante le grandi competenze dimostrate, non è in linea con il profilo è un costo. Lo è ancora di più per ringraziarlo/a do aver inoltrato il Curriculum ma non è in linea con la job description. Cattive abitudini che, lo dico per esperienza, trascendono la dimensione delle imprese. Ci vuole un’etica del lavoro che differenzi la comunicazione e soprattutto gli atteggiamenti dell’impresa. Se non sapete come si fa seguite Ambra Danesin che di etica e lavoro ne sa parecchio.

Però c’è sempre un però. Però non è solo colpa delle aziende che non hanno ancora investito quattro lire dei fondi interprofessionali per formare in maniera corretta l’amministrativo/a che si occuperà di selezionare le persone. A volte è pure colpa dei candidati che compiono errori clamorosi. Qui ne elenco solo alcuni.

Nessuna analisi del mercato del lavoro, delle proprie competenze e dei vincoli personali. Tre azioni fondamentali che non vengono mai poste in essere.

Analisi del mercato del lavoro: nessuno ci pensa mai. Capire comprendere l’evoluzione del mercato del lavoro locale, o di quello in cui mi appresto a spendere le mie competenze, è fondamentale per strutturare una strategia efficace di auto proposizione. Spesso le affermazioni che sento sono “ma io le conosco le aziende del territorio” bastano però poche domande per capire che così non è: in termini di dimensione, quale distribuzione abbiamo? Quali sono le aziende sane? Qual è il settore trainante? Ci sono settori di nicchia in crescita? Se sì, quali sono? Sentiamo parlare sempre di business plan per le aziende ma mai di un’analisi del contesto quando ci proponiamo per un nuovo lavoro. L’analisi del mercato del lavoro è fondamentale e sono dati importanti da incrociare con quelli di cui ora parlerò;

Analisi  delle proprie competenze e di quelle richieste: il bilancio di competenze è un processo complesso per il quale si investono anni di studio e di pratica. Il bilancio di competenze è quindi un procedimento che viene portato avanti da degli esperti, difficile pensare che una persona preparata su qualunque altro tipo di materia possa farlo in autonomia e se lo ha fatto è ancor più difficile pensare che sia coerente con la realtà. Provate a pensare: quali sono le competenze che avete? Riuscite a rispondere subito? No, vero? Ecco, il motivo è semplice, è difficile essere oggettivi con le competenze che abbiamo (o non abbiamo). Devo quindi rivolgermi a qualcuno ma se è vero che se ho una perdita da un tubo chiamo l’idraulico anche se so cos’è una perdita e cos’è un tubo, per le competenze invece non si chiama nessuno e ci si limita a pensare “lo so fare” o “l’ho fatto fino a ieri e quindi…”. Questi sono bias che ci portiamo avanti e poi ci stupiamo se il nostro Curriculum non viene preso in considerazione. Se l’ho fatto per anni non significa nulla, vi ricordate la famosa frase “abbiamo sempre fatto così” che avete sempre contestato? Ecco, è la stessa cosa, se l’hai sempre fatto così non significa che vada bene o che tu non abbia bisogno di formazione per farla meglio;

Vincoli personali: ognuno di noi ha delle aspettative e dei vincoli (personali, familiari, di salute). E’ bene essere onesti e capire quali di questi ci impediscono di svolgere un lavoro e quindi di rispondere ad un annuncio. Il pensiero è invece quello di “intanto lo mando, poi vediamo al colloquio…” così se non ti chiamano aumenta la frustrazione, se invece ti chiamano al colloquio e non ti prendono è colpa dell’azienda. L’autovalutazione oggettiva, anche in questo caso, è fondamentale per una strategia di ricerca efficace;

Valutare attentamente i vincoli personali permette di investire il tempo in maniera efficace, di inoltrare il Curriculum solo alle imprese che sono attive sul territorio e che ho individuato come luoghi adatti a spendere le mie competenze che ho analizzato con accuratezza ed obiettività. Chiamasi progetto professionale.

Le persone non sanno scrivere un Curriculum: diciamolo pure, scrivere un Curriculum non è affatto semplice come si crede. In genere il candidato suppone di aver scritto un Curriculum interessante ed efficace, che esprime al meglio le competenze e invece spesso è un tema poco interessante, o un elenco di successi, oppure un’infografica mandata con leggerezza, un word impaginato male, un testo con degli errori di ortografia (se volete continuo). Un suggerimento, fate leggere in Curriculum a qualche amico (di quelli sinceri che le cose ve le dicono in faccia) e poi chiedete: quali sono le competenze che emergono? Per quale posizione mi sto candidando? Accettate quindi le risposte e correggete gli errori, l’impaginazione, il font e tutte quelle brutture che rendono il Curriculum inefficace. Non è un lavoro facile, non è neppure facile accettare di aver scritto qualcosa di inadeguato alla candidatura, ma meglio rimanerci male per le parole di un/a amico/a che inoltrare un Curriculum sbagliato che finirà nel trita carte.

Nessuna cura della propria web reputation: la prima cosa che fa un recruiter è inserire il nome del candidato su Google. Nella prima pagina trovate i collegamenti con i social perché di sicuro in pochi hanno badato alle impostazioni della privacy. Se non ci credete provate con il mio, la mia privacy è aperta per ovvi motivi. Ecco, se avete dimenticato la privacy viene fuori tutto quello che avete detto, postato, fotografato, geolocalizzato… il web non dimentica, noi sì e se avete postato la foto di voi alla sagra della birra allora sappiate che qualcuno la vedrà e farà un paio di considerazioni. Se state pensando che “tanto la pagina è mia e ci faccio quello che voglio” avete ragione, ma lo vedranno tutti e, che vi piaccia o no, lo vedrà anche chi sta cercando persone. Una volta, quando c’erano le macchine con il rullino e le stupidaggini le dicevi/facevi nella piazza del paese, potevi stare sicuro che nessuno lo veniva a sapere (tranne tua madre, lei sapeva sempre tutto e ti aspettava sulla porta di casa). Oggi è diverso, qualunque cosa postate finisce per essere visibile a livello planetario. Senza privacy impostata la pagina social è tua ma di dominio pubblico.

Per fortuna ci sono alcune soluzioni. Senza voler essere esaustivi possiamo dire che:

Per le imprese. Ci vuole un’educazione: avremo sempre meno persone giovani in questo Paese, è un dato demografico (faccio riferimento dati post Giuseppe Laregina comparso su LinkedIn qualche giorno fa), le aziende dovranno lottare tra di loro contendendosi i famosi talenti che per definizione sono pochi e vanno attratti in qualche modo. Iniziamo dalla gentilezza, se non abbiamo tempo di rispondere basta una mail con il risponditore automatico ed è già poesia. Badare maggiormente all’employer branding fatto bene perché da esso non si può più prescindere. Fare formazione agli operatori che si occupano delle persone, non è un costo ma un investimento. Progettare bene le selezioni per trovare le persone adatte e trattenerle con piani di carriera, welfare aziendale, e tutti gli strumenti necessari per non farli scappare. Oggi non abbiamo scuse, i professionisti ci sono e le possibilità anche. Dipende tutto dall’interesse per le persone e dalla strategia che avete approntato.

Per le persone: imparare a scrivere un Curriculum, non serve essere degli scrittori basta seguire i consigli di chi ne sa. Google e i social ci sono amici, usiamoli bene. Gestire la propria immagine on line, fare un minimo di analisi delle competenze e investire su se stessi. Trovare un lavoro è un lavoro, scrivere il Curriculum è l’ultimo passaggio, anzi il penultimo prima del colloquio, scriverlo male equivale a gettare al vento un’opportunità.

Ovviamente non è tutto ma è solo un assaggio. Ci vorrebbe un’enciclopedia per essere esauriente, ma le fonti on line e cartacee non mancano. Basta un po’ di impegno.

PS: Sì, me ne sono accorto: in tutto l’articolo ho scritto Curriculum, al singolare perché su questo si è già espressa la Crusca e l’ho scritto con la C maiuscola perché su questo mi sono già espresso io.

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2 Recent Comments

  • Futuro Emigrante
    14 Aprile 2024

    Scappare dall’Italia é l’unica cosa che possiamo fare

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    • Piero
      22 Aprile 2024

      Vabbè, magari un pelino di ottimismo non farebbe male.

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