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Sospendere il giudizio

“Facciamo un esercizio, il più difficile che abbiate mai fatto: sospendete il giudizio”. E’ la frase con cui inizio spesso i percorsi in aula e dopo un cappello introduttivo, passo ad un role playing. Durante l’esercizio alle persone viene chiesto di ragionare su un fatto e di mettersi d’accordo su alcune questioni. Per banale che possa essere la storia riportata non v’è una volta che le persone non accendano una discussione. Qual è il motivo? A mettersi di traverso ci sono diversi fattori: la cultura sociale, alcuni bias del cervello, errori logici di ragionamento e anche i corsi di comunicazione assertiva e motivazionale che benché validi negli anni ’80, oggi dimostrano tutti i loro limiti e l’inapplicabilità.

Durante la pandemia abbiamo scoperto che non serviva spostarsi per poter intrecciare relazioni lavorative con clienti e fornitori, che nessuno è morto perché ha visto i colleghi on line per qualche mese, che non serviva guidare per decine o centinaia di chilometri per una riunione e che gli obiettivi venivano raggiunti lo stesso. Un grosso cambiamento nella gestione delle persone, una piccola grande rivoluzione che come tutti i cambiamenti necessita di un adeguamento. Ma si sa, cambiare non è facile, l’essere umano non esce volentieri dalla propria zona di comfort e quindi sono state ostacolate tutte le posizioni distanti dallo status quo antecedente la pandemia che, per buona pace di chi non si trova bene con le nuove condizioni, non tornerà più. Molti si trovano a sostenere posizioni ormai indifendibili ma che giustificavano il ruolo.

La leadership insegnata come imposizione del proprio volere in una sorta di muscolare tensione interpersonale, dove il ruolo e la posizione pesano più della competenza e dell’umanità, ha definitivamente chiuso i battenti mentre è emerso in maniera naturale ed evidente che le competenze soft sono ben più utili in un mondo liquefatto e mutevole. Come ha detto Roberto Donà durante un webinar che ho avuto l’onore di moderare “le hard skill sono commodities, le posso acquistare dove e quando voglio. Quello che non posso acquistare sono le competenze trasversali”. Aggiungo un pensiero mio a quello di Roberto: le competenze trasversali non le puoi acquistare ma le puoi coltivare nel tempo ma solo se cambi completamente il paradigma di base e accetti di sospendere il giudizio. Ciò che prima era considerato utile (assertività, comando, controllo, ecc.), oggi è quasi dannoso se si parlava di gestire le persone. Di contro oggi diventa ricercato gradito ciò che un tempo era sinonimo di debolezza.

Non sono solo le vecchie strutture mentali a bloccare spesso questa transizione, anche l’educazione ricevuta gioca un ruolo importante. Durante una discussione devi “sostenere le tue ragioni” che significa che hai ragione e ovviamente non può avere ragione l’altro. Ragionare in termini di avere ragione o meno è un modo estremamente poco costruttivo di imbastire un confronto ed è, come facile intuire, destinato ben presto a naufragare. Se entrambe le parti ritengono di avere ragione combatteranno per imporre il proprio pensiero e questo porterà ad alcune conseguenze:

  • verranno utilizzate energie per imporre il proprio volere invece di investirle nella comprensione dell’altro;
  • non varrà mai considerato il punto di vista della controparte perché, lo abbiamo detto, le nostre ragioni escludono quelle degli altri;
  • si cercheranno informazioni per confermare la validità della propria posizione (bias di conferma);
  • non ci sarà un’evoluzione del pensiero perché non si considererà altro che la propria posizione;
  • non vi sarà mai un incontro tra le parti, se ti arrocchi su una posizione non puoi muovere verso direzione alcuna;

Va bene, l’elenco è semplificato e non tiene conto di moltissime sfaccettature una tra le tante la differenza tra Prezzo e Valore (che non è poco) ma, inserendo ulteriori termini di discussione, andremmo a complicare ulteriormente e inutilmente il valore della sospensione del giudizio la cui utilità si dimostra in pochi passaggi. Rimaniamo quindi sul focus: sospendere il giudizio come attività necessaria per arrivare ad una conclusione che soddisfi ed arricchisca ogni attore della comunicazione. Sospendere il giudizio significa e cercare di vedere la situazione dal punto di vista dell’altro, per fare questo dobbiamo valutare il pensiero altrui come alternativa al nostro non di giudicarlo in termini di giusto o sbagliato. Una condizione, una situazione, un’azione, un’idea non è mai giusta o sbagliata in termini assoluti. Una condizione, una situazione, un’azione, un’idea sono giuste o sbagliate per me, per la mia esperienza, per la mia moralità, per la mia formazione, per la mia condizione ma possono essere considerate all’opposto dalla persona con cui sto discutendo.

Sostituiamo giusto o sbagliato con “d’accordo” o “in disaccordo”: “Sono d’accordo, lo farei anche io” oppure “sono in disaccordo, io non lo farei ma se a te va bene tu fai pure quello che ti pare”. Facciamo un passo indietro e consideriamo una terza opzione di fronte all’altrui opinione: “non ci avevo pensato, prenderò in considerazione anche questa possibilità (opinione, idea, condizione, spiegazione, ecc.) che merita un’approfondimento da parte mia”.

Bello da dire, difficile da applicare proprio perché il nostro cervello è alla ricerca della propria ragione che, nella sua manifestazione estrema, diventa verità assoluta. E allora come cercare di avvicinarci agli altri? Alcuni input:

  • rimanere calmi: non è una sfida, è un confronto;
  • accettare l’idea non come giusta o sbagliata ma come un modo di vedere le cose che non avevo considerato;
  • considerare l’altrui punto di vista come un’integrazione all’opinione che mi sono fatto, non un’ostacolo ma un tassello in più rispetto alla visione individuale personale;

L’incontro sta a metà che non è una distanza fisica ma è la metà percepita come vantaggiosa. La contrattazione è comunque un momento in cui si rinuncia alla rigidità della propria posizione per guadagnare una visione più ampia. La discussione è un incontro, non uno scontro. L’accordo però si può fare solo se gli attori coinvolti sono disposti a fare questo passo. Se dall’altra parte non c’è minimamente l’intenzione di raggiungere una posizione condivisa allora l’accordo non si può fare.

Piero Vigutto

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