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Persone e impresa. Dopo 7 anni fai parte del mobilio (?)

Persone al centro, quante volte abbiamo sentito parlare di questo per poi essere schiaffeggiati dalla realtà? Persone al centro è un mantra che viene ripetuto ma che spesso viene disatteso. Ancor peggio che fare una dichiarazione come questa è dichiarare l’esatto contrario: dopo 7 anni le persone fanno parte del mobilio, ad indicare che dopo un certo periodo di tempo le persone tendono ad essere improduttive e ad adagiarsi in una condizione inadeguata all’azienda. Ora, se ciò accade un motivo ci sarà ma credo sia inutile fare osservazioni su una forma mentis ego-riferita e poco eco-riferita, preferisco elencare qui di seguito 7 modi per mantenere le persone attive, proattive e soprattutto produttive.

Persone al centro #1. Pare strano ma accade sempre che le persone sono al centro se le metti al centro e non le metti da parte. Le persone al centro ci stanno quando al centro si sta comodi e attenzione che non parlo di una poltrona anatomica o imbottita, parlo proprio di zona di comfort (sulla zona di comfort mi riservo di dire la mia nel prossimo articolo). Fatti, non parole. Se le persone devono stare al centro ce le devi mettere davvero, ovviamente senza porle su un piedistallo perché quella è venerazione. Persone al centro significa che alle parole seguono le azioni, altrimenti le parole non avranno significato.

Persone al centro #2. Se le persone devono stare al centro, dicevamo, ce le devi mettere. Le persone che si sentono al centro non solo stanno bene ma crescono e per farle crescere, professionalmente e personalmente, l’unico modo è quello di formarle. La formazione, tecnica e in questo caso soprattutto trasversale, è un messaggio diretto con un significato chiaro: credo che tu valga l’investimento che sto facendo e che tu sia un elemento importane per la crescita di questo gruppo. Un messaggio bellissimo dal forte contenuto emotivo, quale miglior modo per valorizzare le persone e, contemporaneamente, motivarle a fare di più e meglio con strumenti nuovi che fanno bene anche alla competitività dell’impresa? Quindi per mettere le persone al centro fagli frequentare corsi di formazione che fa bene anche all’azienda, altrimenti rischiate di finire tutti in periferia.

Persone al centro #3. Prima di parlare di persone meglio concentrarsi sulla persona. Ognuno di noi è un microcosmo che va coltivato. Come abbiamo visto, dopo aver soddisfatto il bisogno di appartenenza cerchiamo di salire un gradino e di soddisfare il bisogno di riconoscimento da parte del gruppo (vedi piramide di Maslow). Il riconoscimento passa anche da un “complimenti” sentito, non come quello di Marco Pressi. Il riconoscimento delle esigenze umane personali porta ad un coinvolgimento individuale maggiore. Riconoscere un certo grado di libertà, meritato s’intende, di fiducia, di autonomia fino ad un semplice sorriso o un buongiorno sono nutrimento per l’anima tanto ricercato dalle persone quanto da esse apprezzato.

Persone al centro #4. Il team building, quello serio, non va sottovalutato. Recentemente ho condiviso un pensiero che è emerso durante un seminario a cui ho partecipato e che mi è sembrato interessante. La dimensione fisica del lavoro (casalinga) delocalizzata da quella classica (azienda) pone sicuramente in essere la problematica della costruzione e del gruppo e del mantenimento dei rapporti personali. Nel rispetto delle nuove esigenze va ripensato il team building per rimettere le persone all’interno del gruppo di cui fanno parte e, a volte, per rinsaldare o creare ex novo il gruppo.

Persone al centro #5. Come ho detto sopra, non è vero che il denaro è tutto, a volte una pacca sulla spalla è meglio di 100€ in busta paga. E’ vero che non si vive di gloria ma mentre i 100€ dopo un mese diventano scontati e si comincia a pensare al prossimo aumento/premio, la pacca sulla spalla galvanizza per mesi. Qualunque attenzione per le persone è utile a loro e di riflesso all’impresa. Su questo argomento ho scritto un articolo su una visita in un’azienda che feci tempo fa dove rimasi favorevolmente sorpreso da ciò che vidi. Il clima e l’operosità delle persone, neanche a dirlo, era ai massimi livelli.

Persone al centro #6. Investire nella fiducia, letteralmente. Per tanto tempo si è parlato, e ancora a volte lo si fa, di cultura dell’errore tuttavia credo che incoraggiare l’errore non sia proprio una mossa intelligente per un’impresa, gli errori costano soldi e se vengono fatti con leggerezza rischiano di impattare pericolosamente sul bilancio. Preferisco parlare di cultura della responsabilità e del fare insieme. Per spiegare meglio uso il paragone della scalata: se vi trovate in cordata con altri alpinisti e trovate un passaggio diretto verso la cima, più sicuro e veloce, è saggio contribuire al benessere di tutta la comitiva che insieme deciderà se intraprendere quella strada o meno. Ricordo un cliente che aveva investito sui progettini, come li chiamava lui, tutti i dipendenti potevano portare alla direzione idee su come ridurre i costi, ottimizzare il prodotto, gestire meglio i flussi interni, la relazione con i clienti e via dicendo. Tutte le proposte venivano valutate da una commissione che identificava i migliori tre motivando la scelta dell’esclusione degli altri. Per ognuno dei tre progetti scelti veniva stanziato un budget e un tempo di realizzo, la persona o il team che avevano proposto l’idea dovevano portare avanti il lavoro e raggiungere l’obiettivo. In caso di successo sarebbero stati premiati con un compenso aggiuntivo oltre al premio di di produzione (l’azienda è provvista di welfare aziendale). In caso di insuccesso il budget destinato pari a qualche migliaio di euro veniva ascritto a spese di ricerca e sviluppo ed aveva una dimensione tale da non arrecare rischi o danni seri per l’azienda. Il coinvolgimento delle persone fu davvero ampio a riprova che il riconoscimento da parte del gruppo è un fattore decisivo.

Persone al centro #7. L’ultimo punto credo sia il più importante e quello che spesso manca ma risponde alla domanda: come faccio a sapere che mi sto muovendo nel modo più opportuno per mettere le persone al centro? Per mettere le persone al centro, oltre all’educazione e all’ascolto, serve usare uno strumento di cui quasi tutti siamo dotati: il buon senso. Fatene un uso smodato tanto è come il prezzemolo, sta bene su tutto.

Ecco, la prossima volta che sentiamo parlare di persone al centro ricordiamoci che alle parole dobbiamo far seguire i fatti altrimenti le persone, quelle che dovevano stare al centro, ci fanno ciao ciao con la manina mentre se ne vanno dal nostro competitor perché quello dice che le persone le mette al centro e poi lo lo fa davvero. In fondo basta poco, se rileggete l’elenco sono 7 punti uniti dal filo del rispetto per gli altri e dalla considerazione dell’altro come persona prima di ogni altra cosa. Niente di più.

Piero Vigutto

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2 Recent Comments

  • Laura
    24 Febbraio 2021

    Ciao Piero, io sono HR e lavoro da 8 anni e mezzo nella stessa azienda. Quando sono entrata, eravano 600 dipendenti in Europa e mi occupavo di gestire il Retail. Oggi siamo 2500 e mi occupo della Corporate.
    In 8 anni e mezzo ho cambito ruolo 3 volte (prima HR assistant, poi HR Business Partner, ora HR Supervisor). Non mi sento parte del mobilio, anche se a volte gli amici mi chiedono se non mi sento una mummia. La mia risposta è no, non mi sento una mummia, sono soddisfatta della comfort zone di conoscere bene l’azienda per cui lavoro, i suoi processi e le sue dinamiche. Nonostante la mia lenght of service, l’azienda è ancora capace di stupirmi, stimolarmi, propormi sempre qualcosa di nuovo e di sfidante. Starò lì per tutta la vita? A volte me lo chiedo anche io e mi chiedo se io stia rovinando il mio CV rimanendo come un fossile nella stessa realtà.. ma guardando cosa c’è in giro (soprauttto ora) ed essendo così soddisfatta e appagata.. ma chi me lo fa fare?

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    • Piero
      25 Febbraio 2021

      Ciao Laura, molto bella la tua storia che è proprio il riflesso di quello che dico nell’articolo: valorizza le tue persone e queste non si sentiranno mai parte del mobilio. A parere mio non stai rovinando il CV ma lo stai arricchendo. Se ti piace quello che fai, ti piace l’azienda e la tua zona di comfort perché cambiare? Sulla zona di comfort, poi, ho già scritto un articolo che uscirà il 02 marzo dove provo ad offrire una visione diversa dalla solita. Grazie mille per il tuo prezioso commento.

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