Mi sono recentemente imbattuto in un articolo del Sole 24 ore a cura di Gianni Rusconi dal titolo “La crescita professionale post pandemia passa dall’intelligenza artificiale”. Devo dire che sono rimasto basito. Nell’articolo si postulava una vera e propria sostituzione di persona, che sarebbe un reato se non fosse che a sostituire le persone sarebbero delle macchine.
Nel summenzionato articolo “quello che emerge dall’ultima edizione dello studio “AI @ Work”, condotto su scala globale da Oracle in collaborazione con Workplace Intelligence”. La considerazione viene fatta dopo aver interpellato un campione di 14000 persone e i risultati sembrano essere inequivocabili: “l’83% dei professionisti oggetto di indagine si dichiara pronto a un cambiamento ma l’85% di questi non si sente adeguatamente supportato dal proprio datore di lavoro in attività critiche come l’acquisizione di competenze necessarie a intraprendere nuovi ruoli”.
La scelta di affidarsi ad un robot o una chat bot per avere un orientamento professionale privo di bias interpretativi, risiederebbe nella scarsa fiducia verso gli altri esseri umani derivante dagli errori che potrebbero compiere nel valutare le persone. Secondo Luca Vellini, Cloud Hcm Country Leader di Oracle il problema risiederebbe proprio nell’incapacità di creare e gestire una relazione. Oggi, afferma il manager, sono indispensabili “fiducia, trasparenza, capacità di delega e senso di responsabilità” ma anche “empatia e di maggiore apertura personale” e quindi… ti rivolgi ad un robot?
Mi viene in mente un meme che ho visto su FB: io boh, ma pure voi mah…
Manca la capacità di gestire le relazioni umane e quindi la soluzione sarebbe creare robot che sia capace di farlo? Ma davvero? Credo che questa sia una delle più grandi operazioni di scaricabarile mai viste nella storia dell’umanità e al contempo un’ammissione di palese incapacità di assunzione di ruolo: sono incapace di gestire le persone perché mi mancano le caratteristiche basilari dell’essere umano e quindi delego questa attività a qualcosa che le caratteristiche dell’essere umano non le avrà mai. Se non ci fosse da piangere la cosa farebbe davvero ridere. Ve lo immaginate a spiegare i vostri problemi e dubbi a Tobi della Vodafone? Io ho provato a chiedergli informazioni su cose che avrebbe dovuto conoscere, ha finito sempre per passarmi un umano.
Faccio una proposta ma, come psicologo, suppongo che verrà interpretata come di parte: perché non ci concentriamo un po’ di più a frequentare percorsi individuali per imparare ad ascoltare e a comunicare? No, non sto parlando delle solite aule di comunicazione assertiva che servono a ben poco ma di percorso di analisi seria e reale che restituiscano strumenti applicabili per la gestione delle relazioni. Perché non ci impegniamo un po’ di più a creare un contesto in cui ci si relazioni tra esseri umani invece di reiterare comportamenti inefficaci con l’unico scopo di alimentare l’egocentrismo?
Tra un po’ arriveranno i fondi del PNRR, speriamo. Invece di concentrarsi su macchinari e capannoni, facciamola un po’ di sana formazione sulle competenze trasversali così facciamo a meno di passare la patata bollente della gestione delle persone a qualcuno che non è capace e ci prendiamo la responsabilità di essere persone migliori.
Piero Vigutto
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