Sicurezza psicologica e performance dei team
Sicurezza psicologica e performance dei team, ovvero come la qualità delle relazioni definisce il futuro del lavoro. Ogni organizzazione parla di performance, pochi parlano di ciò che la genera. Dietro numeri, indicatori e obiettivi si nasconde una dimensione più profonda: la qualità delle relazioni. Non si tratta di un concetto astratto o “soft” ma di un elemento misurabile, che influenza direttamente la produttività, il benessere e la retention. Negli ultimi anni, la letteratura scientifica e le ricerche HR convergono su un punto, la sicurezza psicologica rappresenta oggi uno dei principali predittori della performance dei team. In ambienti dove le persone si sentono libere di esprimere opinioni, condividere errori e proporre idee senza timore di conseguenze negative, i risultati crescono in modo esponenziale. Non è una questione di “clima” o di “felicità aziendale”: è un fattore organizzativo strategico. Come scrive AIDP nel contributo dedicato alla sicurezza psicologica e alle performance dei team «la sicurezza psicologica non è un privilegio, ma una condizione abilitante per la cooperazione, la creatività e l’apprendimento continuo». Eppure, nelle organizzazioni di oggi, questa condizione è tutt’altro che diffusa.
La sicurezza psicologica: da concetto teorico a competenza organizzativa
Il termine psychological safety nasce negli studi di Amy Edmondson (Harvard Business School) alla fine degli anni ’90, e viene poi consacrato dal progetto Aristotle di Google come la dimensione che distingue i team di successo da quelli mediocri.
La definizione chiave è semplice quanto rivoluzionaria:
“La sicurezza psicologica è la convinzione condivisa che il team sia un luogo sicuro per il rischio interpersonale.”
In pratica, si manifesta quando un collaboratore può dire:
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“Non sono d’accordo” senza paura di essere escluso.
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“Ho sbagliato” senza temere umiliazioni.
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“Ho un’idea nuova” senza essere giudicato.
Questa libertà non elimina la responsabilità individuale, ma crea il terreno per il dialogo produttivo, la riflessione collettiva e l’apprendimento dall’errore. Il concetto di sicurezza psicologica si collega strettamente alla teoria dell’apprendimento organizzativo e al costrutto di team learning behaviors. L’ambiente che la favorisce è caratterizzato da tre componenti chiave:
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Fiducia reciproca. La certezza che l’altro agisca in buona fede.
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Rispetto. La percezione che la propria voce abbia valore.
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Equità. La sensazione che le regole siano chiare e uguali per tutti.
In assenza di queste componenti, emergono i comportamenti di chiusura, difesa e silenzio organizzativo: un fenomeno noto e devastante, perché cancella la comunicazione autentica e indebolisce la capacità del team di adattarsi.
Quando la sicurezza manca: il terreno fertile delle relazioni tossiche
Dove la sicurezza psicologica è fragile, le relazioni tossiche trovano spazio. Il termine “tossico” non descrive un singolo comportamento, ma un sistema relazionale che sottrae energia, fiducia e senso di equità. Come sottolinea Luciana D’Ambrosio Marri nel saggio Le relazioni tossiche sul lavoro, «il conflitto sano genera movimento e innovazione, quello tossico genera immobilità e paura».
Le relazioni tossiche possono assumere forme diverse:
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Micromanagement: controllo ossessivo e sfiducia sistematica.
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Competizione distruttiva: ambienti dove il successo individuale richiede il fallimento altrui.
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Isolamento relazionale: esclusione silenziosa di persone percepite come “scomode”.
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Negazione dell’errore: cultura in cui sbagliare equivale a fallire come persona.
Le conseguenze? Burnout, calo dell’engagement, turnover elevato, conflitti latenti e una progressiva perdita di intelligenza collettiva. Le ricerche dell’Università di Bologna (2023) confermano che nei contesti lavorativi dove si rilevano dinamiche tossiche, i livelli di collaborazione e innovazione scendono fino al 40%. Le persone “sopravvivono” invece di partecipare, “adattano” invece di contribuire.
Le radici organizzative della tossicità
È un errore pensare che i comportamenti tossici derivino solo da tratti caratteriali individuali. Come mostrano diversi studi (tra cui Le relazioni tossiche sul lavoro di Psicologia Contemporanea, 2021), le relazioni nocive sono il prodotto di un sistema: una struttura organizzativa che non promuove sicurezza, che valuta più la conformità che la competenza, più il consenso che il coraggio.
Le cause più frequenti sono:
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Leadership autoritaria o incerta che alterna rigidità e disorientamento.
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Assenza di feedback strutturato dove le persone non sanno mai “come stanno andando”.
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Politiche di reward sbilanciate che premiano visibilità più che contributo reale.
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Eccesso di pressione sulla performance che induce comportamenti opportunistici.
Il risultato è un ambiente dove la sopravvivenza vale più della collaborazione. In questi contesti, il silenzio diventa una strategia difensiva e la fiducia un lusso. La sicurezza psicologica, invece, trasforma la relazione gerarchica in alleanza professionale. Il capo non è più giudice, ma garante del contesto di apprendimento.
La sicurezza psicologica come “sistema operativo” dei team
Numerose evidenze empiriche (tra cui il lavoro di Magni et al. per Prospettive in Organizzazione, 2024) dimostrano che la sicurezza psicologica agisce come un “sistema operativo” invisibile che regola la qualità della cooperazione. In presenza di questo clima, i team mostrano:
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Maggiore propensione alla sperimentazione, le persone rischiano di più e innovano di più.
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Migliore qualità del decision making, aumenta la varietà cognitiva e il confronto costruttivo.
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Riduzione del turnover, i dipendenti percepiscono il lavoro come “spazio sicuro”.
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Più apprendimento collettivo, gli errori diventano materiale di crescita.
La ricerca del Politecnico di Torino (Webthesis, 2023) sottolinea come la performance del team non dipenda solo dalle competenze tecniche o dalla composizione, ma dal livello di interazione psicologicamente sicura. In altre parole, la competenza senza fiducia non genera performance sostenibile. Si può fare usando …la giusta leva.
Performance e vulnerabilità: un paradosso apparente
In molti contesti aziendali, la vulnerabilità è ancora vista come debolezza. Eppure, i team ad alte prestazioni mostrano l’opposto, chi ammette un errore apre lo spazio al miglioramento, chi tace lo amplifica. La vulnerabilità condivisa è una forma di forza collettiva. In un contesto psicologicamente sicuro:
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il feedback diventa dialogo;
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la differenza diventa risorsa;
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la critica diventa opportunità.
È un cambio di paradigma che richiede coraggio manageriale. Perché la sicurezza psicologica non si decreta per policy ma si costruisce con comportamenti coerenti, giorno dopo giorno. Il leader deve essere il primo a mostrare la capacità di accogliere opinioni scomode e di reagire in modo equo all’errore.
La leadership che genera sicurezza
La letteratura sulla leadership trasversale (cross-functional leadership) mostra che la sicurezza psicologica è proporzionale alla prevedibilità comportamentale dei leader.
Le persone non cercano capi perfetti, ma coerenti.
Tre comportamenti risultano decisivi:
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Ascolto autentico – dedicare tempo all’ascolto senza interrompere né giudicare.
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Ammissione dell’errore – quando il leader riconosce i propri limiti, autorizza gli altri a fare lo stesso.
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Rispetto delle differenze – valorizzare punti di vista discordanti come fonte di apprendimento.
Nella ricerca di Assioa (2024) sulla composizione dei team, emerge come la diversità di background, genere, età o pensiero aumenti la creatività solo se il contesto è psicologicamente sicuro.
In assenza di sicurezza, la diversità genera solo conflitto e frammentazione.
La sicurezza è quindi il moltiplicatore della diversità, non il suo opposto.
Le metriche della sicurezza psicologica
Misurare la sicurezza psicologica è possibile. Amy Edmondson propone un questionario a sette item che rileva percezioni condivise come:
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“Se commetto un errore, non viene usato contro di me.”
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“Posso portare nuove idee senza essere deriso.”
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“Quando qualcosa non funziona, se ne parla apertamente.”
Molte aziende italiane stanno adattando questi strumenti ai propri contesti, integrandoli in survey di clima o performance review. La psicological safety scorecard non serve solo a monitorare, ma a generare conversazione. Quando un team analizza insieme i propri punteggi, prende consapevolezza del proprio modo di comunicare e delle barriere interne. La sicurezza psicologica è, dunque, una competenza collettiva: si allena, si osserva, si corregge.
Dalla sicurezza alla salute organizzativa
I dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (2024) nel report sulle conseguenze psicologiche del lavoro tossico indicano un legame diretto tra clima relazionale e salute mentale. Nei contesti ad alto tasso di conflitto o di paura, aumentano ansia, insonnia e distress; nei contesti con sicurezza psicologica elevata, cala il rischio di burnout del 37%. La sicurezza psicologica, dunque, è anche una leva di prevenzione sanitaria. Non solo migliora la performance, ma riduce i costi indiretti legati all’assenteismo e al turnover patologico. Per questo motivo, le aziende più lungimiranti la inseriscono nei programmi di benessere organizzativo come fattore strutturale, non accessorio.
Dal teamwork al team trustwork
Come sottolinea il Giornale delle PMI in un’analisi recente «ripensare il teamwork significa passare dalla collaborazione come processo alla fiducia come competenza». Il lavoro di squadra del futuro non si fonda sull’allineamento superficiale, ma sulla fiducia sistemica che significa fiducia nei colleghi, nei processi e nella leadership. La performance collettiva nasce da un equilibrio tra competenza, comunicazione e coraggio. E proprio quest’ultimo, il coraggio, è la cifra autentica della sicurezza psicologica: il coraggio di parlare, di dissentire, di ammettere e di riprovare.
Ripensare le relazioni: dal tossico al trasformativo
Ogni relazione organizzativa può essere vista come uno scambio energetico, alcune relazioni danno forza, altre la sottraggono. La chiave è la consapevolezza. Un team che impara a riconoscere i comportamenti tossici come sarcasmo distruttivo, esclusione, manipolazione emotiva, comunicazione passivo-aggressiva, può imparare anche a correggerli collettivamente. Le pratiche più efficaci per disinnescare dinamiche tossiche includono:
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Rituali di debriefing dopo momenti di tensione.
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Feedback orizzontale strutturato (peer feedback).
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Supervisioni di team condotte da facilitatori esterni.
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Sessioni di allineamento valoriale, dove il gruppo ridefinisce i propri “contratti psicologici”.
La psicologia del lavoro contemporanea ci insegna che le organizzazioni non guariscono da sole ma solo attraverso relazioni riparative. La sicurezza psicologica è, in questo senso, una forma di leadership diffusa.
Le implicazioni per le funzioni HR
Per i professionisti HR, la sfida non è più creare processi, ma creare contesti. I sistemi di performance management, le politiche di reward, i programmi di sviluppo devono incorporare il principio di sicurezza psicologica come standard. Tre azioni chiave:
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Integrare la sicurezza psicologica nelle politiche di onboarding, per allineare subito cultura e comportamenti.
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Inserirla nei sistemi di valutazione dei manager, come competenza distintiva.
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Utilizzare survey e focus group per mappare la percezione della sicurezza nei vari team.
Il futuro delle HR non è la gestione del personale ma la cura delle interazioni. È la capacità di leggere il clima, prevenire la disfunzionalità e promuovere benessere operativo come leva di competitività.
La sicurezza psicologica come strategia di futuro
Allo stato attuale la sicurezza psicologica rappresenta il ponte tra performance e umanità. È la condizione che consente alle persone di portare la propria competenza intera, senza maschere né difese. Dove c’è sicurezza, il lavoro diventa spazio di crescita; dove manca, diventa sopravvivenza. La vera sfida per le organizzazioni non è “avere persone motivate” ma creare ambienti dove la motivazione non debba essere difesa. E questo non si ottiene con slogan, ma con cultura, comportamenti e coerenza quotidiana.
Fonti
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AIDP (2025). La sicurezza psicologica e la performance dei team.
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D’Ambrosio Marri, L. (2021). Le relazioni tossiche sul lavoro.
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Università di Bologna (2023). Tesi di laurea – Dinamiche relazionali e sicurezza psicologica nei team.
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Istituto Superiore di Sanità (2024). Report salute e relazioni tossiche sul lavoro.
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Focus (2024). Strategie per sopravvivere ai colleghi tossici.
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Magni, M. et al. (2024). Prospettive in Organizzazione – La composizione del team e i suoi effetti.
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Politecnico di Torino (2023). Tesi – Efficacia dei team e qualità della performance.
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Psicologia Contemporanea (2021). Le relazioni tossiche sul lavoro.
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Giornale delle PMI (2024). Ripensare il teamwork: la sicurezza psicologica guida le performance.
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