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Crisi demografica: un problema o un’opportunità?

Sono incappato nell’articolo che riporto nel link in calce, dove si parla di crisi demografica in controtendenza con quello che si dice da tempo ovvero che il calo demografico ci porterà verso una crisi economica senza precedenti e di cui già iniziamo a vedere l’inizio. Riassumo l’articolo.

Negli ultimi anni il crollo delle nascite è stato spesso dipinto come una minaccia per il sistema economico e produttivo. Ma se guardassimo la crisi demografica da un’altra prospettiva? Secondo il report del Corriere della Sera, il calo della popolazione potrebbe rappresentare un’opportunità per riorganizzare il mondo del lavoro e migliorare la qualità della vita. Meno persone significa meno consumo di risorse, una minore pressione sull’ambiente e una nuova distribuzione del lavoro basata su efficienza e innovazione.

Meno persone, minori necessità

Concordo che meno persone significa minori necessità tuttavia, se questo è vero, non si verifica dall’oggi al domani. Ci sarà una generazione, la mia, che si troverà ad aver bisogno della badante che sarà introvabile proprio a causa della crisi demografica. Lo so e anticipo le conclusioni: il crollo demografico ce l’abbiamo noi, ma altri continenti vivono uno splendore demografico quindi questo discorso vale a macchia di leopardo. Non è proprio così secondo i dati riportati dal Corriere. Se è vero che la crisi demografica porterà l’Italia da quasi 60 milioni di abitanti a una trentina nel 2100, anche se questo non è un problema di nessuno di noi che ora legge questo articolo, dobbiamo pensare che questo accadrà anche per quei Paesi o continenti dove la crisi demografica non si è per nulla manifestata. A quanto pare nel prossimo futuro tutte le popolazioni saranno investite da una crisi demografica più o meno accentuata e questo non fa bene a nessuno, se non al pianeta Terra.

Come potrebbe cambiare il mondo del lavoro?

Puntiamo il focus su qualcosa che ci riguarda più da vicino. Cosa significa crisi demografica vista da un altro punto di vista (sempre quello del Corriere)?

Più tecnologia e automazione → Le aziende dovranno investire in AI e robotica per compensare la minore disponibilità di manodopera. Sicuramente la robotica e AI saranno ben presenti nel tessuto produttivo, risolveranno tutto? No, la mia badante non sarà un robot (forse). Saranno d’aiuto? Ovviamente sì, lo sono già. La crisi demografica quindi non è un problema, i lavoratori verranno sostituiti da organismi cibernetici. E’ vero per tutti i lavori? Ovviamente no, questo già lo sappiamo. E’ vero che qualcuno verrà tagliato fuori? Certo, anche questo lo sappiamo. Se oggi il mismatch delle competenze è un problema, proviamo solo ad immaginare come sarà quando lo sviluppo tecnologico avrà portato all’automatizzazione delle posizioni lavorative e per ottenere un lavoro dovrai conoscere bene la robotica, l’AI e i rudimenti di meccanica, elettronica e fluidodinamica. Sto esagerando? Un po’, ma è una provocazione per far riflettere.

Rivalutazione dell’esperienza → Gli over 50 diventeranno sempre più strategici nelle aziende, portando competenze e stabilità. Questa la stiamo già vivendo, non è raro che le imprese richiamino personale in pensione per colmare il buco che hanno lasciato o formare i pochi che hanno trovato. Crisi demografica significa meno giovani, meno giovani significa poca manodopera quindi rifarsi sulla manodopera specializzata diversamente giovane. Come ho detto un trend già in atto e se vi mettete a pensare agli ultimi sei mesi, pure voi avrete sentito di colleghi, amici o amici di amici richiamati dalla pensione perché non sapevano a chi affidare l’incarico o non trovavano nuove leve per coprire il buco organizzativo. Beh abituiamoci, sarà la norma, anche perché…

Preparazione scolastica → La scuola prepara le persone ad entrare in azienda? La risposta è no ed è da sempre sotto gli occhi di tutti. In pochi, pochissimi per ora, hanno inserito nell’offerta scolastica materie che possono essere spese e spendibili in ambito lavorativo. Non parlo solo di licei ma anche di istituti tecnici o professionali. La crisi demografica e la conseguente fame di competenze dovrebbe spingere verso una maggiore intersezione tra mondo scolastico e mondo del lavoro e invece, soprattutto per il primo, vi è da sempre una specie di diffidenza verso il secondo. Il motivo non lo conosco ma so per certo che essere troppo accademici funziona in accademia, fuori no. Programmi come l’alternanza scuola-lavoro, distrutti negli ultimi anni, sono strumenti di integrazione tra due mondi che dovrebbero parlarsi di più anche perché, dove lo fanno, il dialogo funziona.

Meno ore, più produttività → La riduzione della popolazione potrebbe favorire modelli di lavoro più sostenibili come la settimana corta e il lavoro ibrido… Questa l’abbiamo già sentita: meno lavoro e stessi soldi abbiamo visto che è una castronata, troppo spesso leggiamo di persone che se ne vanno a lavorare alle Canarie un’ora al giorno dopo aver lasciato un lavoro pagato a sei cifre ma iper tossico. Bello per chi vende sogni formato articoli ma, visto che ci hanno già fregato un paio di volte con questi discorsi, possiamo archiviarli sapendo fin da ora che non c’è margine di discussione. Più tecnologia significa più tempo libero da riempire con altro lavoro, l’essere umano è fatto così. Sullo smart working, pur sostenendo da sempre questo modello, vedo ahimè che le big company stanno facendo un passo indietro. E’ la morte del lavoro agile o ibrido? Non credo, credo che proprio la crisi demografica abbia portato maggior potere contrattuale nelle mani del candidato che può scegliere tra le imprese che concedono o che non concedono lo smart working.

Maggiore inclusione e formazione → Il mercato dovrà valorizzare tutto il capitale umano disponibile, puntando sulla riqualificazione continua. Anche questa l’abbiamo già sentita, il bello della formazione continua sta nel tenersi aggiornati. Il brutto della formazione continua sta nel fatto che è una scelta in mano al discente. Le occasioni ci sono, non sempre spettacolari e a buon mercato, ma ci sono. Ora io credo che qui serva un dialogo tra istituzioni e rappresentanza datoriale: la prima deve offrire incentivi alla formazione continua che vadano oltre le quattro lire con cui si pagano i docenti pretendendo di avere esperti pagati con le noccioline che diano formazione di qualità; dall’altro le imprese devono iniziare a cambiare voce di bilancio, se non contabilmente almeno nella testa, concependo la formazione come investimento e non come costo (se paghi poco ottieni poco). Le due posizioni si possono incontrare a metà: il costo docente X viene pagato dal fondo interprofessionale con un apporto Y a cui si somma il contributo dell’azienda Z, in questo modo le imprese avranno formazione di qualità X pagata il giusto (Y+Z) così da avere formazione di qualità e non le solite cosette, altrimenti la preparazione del personale sarà sempre un passo indietro rispetto alle vere necessità del mercato.

Ma c'è un problema...

Il problema è ma il sistema è pronto? Io non credo, non tutto. C’è un sistema Paese che comprende istituzioni, scuola e aziende ancora poco integrato e in mezzo una popolazione che non sa cosa fare veramente. Se non ci sediamo allo stesso tavolo cerchiamo una soluzione tutti insieme, questa cosa ci scoppierà in faccia.

L’articolo del Corriere è questo “Il crollo delle nascite salverà il mondo? Ecco perché la crisi demografica è un’opportunità

Piero Vigutto
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