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La tecnologia che renderà (in)utili alcune professioni

Ok, va bene. Titoli come “la tecnologia che rende inutile la tua professione” se ne leggono a bizzeffe. Quindi vorrei fare l’esercizio opposto e capire quali sono le professioni in ambito HR che beneficeranno della tecnologia. L’idea mi è venuta leggendo un articolo che parlava, appunto, delle professioni che diventeranno obsolete a causa della tecnologia. Considerare lo sviluppo tecnologico come pericoloso per le professioni mi è sempre sembrato l’eco del neo luddismo contemporaneo, se si può chiamare così. In realtà credo due cose: la prima, che i giornali cerchino di attirare lettori e click con titoli sensazionali che non corrispondono alla realtà calcando parecchio sulle paure delle persone; il secondo che il luddismo in realtà non ha mai abbandonato la nostra società: l’essere umano ha sempre paura di uscire dalla sua zona di comfort. La tecnologia fa paura, il progresso pure ma, diciamola tutta, solo a chi non ha voglia di mettersi in gioco.

“Ti porterà via il lavoro” lo hanno detto dei telai meccanizzati, del personal computer, delle fabbriche di Ford solo per citarne alcuni e forse solo i casi più eclatanti senza pensare che il lavoro segue la legge di Lavoisier o della conservazione della massa: nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Il robot fa più paura di tutti perché riesce a fare cose che l’essere umano non sa fare, lo comprendo, ma questo paradosso è vero anche all’incontrario e l’incontrario favorisce l’essere umano. Se, infatti, diamo per scontato che le macchine esprimono una grande potenza di calcolo ma un grado di intelligenza limitato alla loro programmazione e che la loro programmazione comunque non prevede alcune qualità umane (una tra tutte la personalità) allora significa che hai le stesse competenze di un algoritmo senza possedere le stesse capacità di calcolo significa che hai la stessa personalità di un pezzo di ferro. In poche parole, se fai un lavoro facilmente sostituibile da un robot o da un algoritmo forse sei tu che devi metterti in discussione ed evitare di puntare il dito verso un pezzo di ferro. E’ il paradosso del neo umanesimo, che ho già descritto qualche anno fa.

Ma avevo promesso di non parlare di professioni sostituibili ma di quelle che verranno avvantaggiate dalla tecnologia. Prendiamo ad esempio la blockchain, di certo eliminerebbe tutti quei lavori che si occupano di controllare qualcosa per qualcuno (il notaio non servirebbe più a nulla) ma agevolerebbe alcune funzioni, soprattutto in azienda. Pensiamo ai contratti stipulati attraverso questo sistema, non necessiterebbero di alcuna forma di controllo perché essa è già insita nel sistema. Ma anche di questo abbiamo già parlato. Focalizziamoci quindi sui lavori, o meglio su i 21 lavori nelle risorse umane che saranno importantissimi nel prossimo futuro, almeno secondo lo studio portato avanti da Cognizant Center for the Future of Work in partnership con Future Workplace.

Tra i tanti lavori che emergono cito quelli che, a mio avviso, o sono frutto della tecnologia oppure sono stati fortemente mutati dalla tecnologia, troviamo:

  • Workplace Environment Architect ovvero il/la professionista che progetterà gli spazi da condividere in azienda. Non è affatto banale viste le nuove necessità emerse con il lavoro a distanza durante la pandemia. I nuovi spazi comuni saranno confortevoli ed accogliere il numero giusto di persone. Un mix tra architettura, psicologia ed ergonomia;
  • Work-From-Home Facilitator. Lo smart working è diventato una componente importante del nuovo modo di lavorare e non potrà mancare chi avrà il compito di rendere il lavoro da remoto sempre più confortevole e inclusivo, anche socialmente. Socio-psico-antropo-ingegnere? Staremo a vedere;
  • Gig Economy Manager che sarà responsabile del buon funzionamento della piattaforma aziendale, del suo modello e della cultura interna che esprime. E’ chiaro che questo tipo di competenze sono riferibili a tutte quelle imprese che hanno un forte radicamento nel business generato dalla rete e che da essa dipende quasi totalmente;

Tra i lavori del futuro in ambito HR che, a mio modesto avviso non sono lavori ma dovrebbero essere competenze di ogni futuro manager, non solo HR, troviamo:

  • Strategic HR Business Continuity Director ovvero un HR strategico che si occupi di guidare le persone attraverso iniziative interconnesse al fine di evitare le interferenze sul lavoro e apprendimento;
  • Second-Act Coach, che servirebbe per aiutare le persone a diventare di più autocoscienti del loro ruolo e della loro mansione all’interno dell’azienda. A questo si arriverebbe definendo i valori e le motivazioni personali del collaboratore. Insomma un analizzatore di spinte individuali analizzate sui parametri aziendali armato della sensibilità e degli strumenti per capire se la persona è in linea con quelle aziendali;

La domanda che mi pongo è: ma questi non sono già i compiti di un qualsiasi manager? Se le aziende non stimolano già queste capacità e competenze nelle loro persone allora non devono inserire persone nuove ma potenziare le competenze trasversali, tra tutte l’empatia, di quelle che hanno già.

Non possono, ovviamente, mancare le stranezze. Tra le mansioni più strane che ho trovato nel rapporto annovero:

  • Chatbot & Human Facilitator dovrebbe addestrare gli agenti virtuali a essere emotivamente intelligenti per “percepire” la frustrazione situazionale o preoccupazione delle persone. Ora, tutto bellissimo, ma invece di addestrare un algoritmo a cogliere i livelli di frustrazione delle persone non sarebbe meglio addestrare le persone a cogliere i livelli di frustrazione di altre persone?;

Tra le novità, presentate come tali ma che novità non sono e di cui comunque non sentivamo la mancanza, la ricerca cita anche il CHO o Director of Chief Happiness Officer ovvero il manager della felicità, l’inossidabile presenza che puntualmente riemerge da racconti fantascientifici di serie B e si posiziona a vario titolo all’interno delle classifiche.

Sinceramente non mi aspettavo questo scivolone da parte dei ricercatori.

Per un maggiore approfondimento consiglio di leggere in maniera critica, come si leggono tutte le ricerche, il documento che ho avuto la fortuna di incrociare tenendo presenti alcuni aspetti:

  1. trattasi di una ricerca che ha molto poco a che fare con la dimensione media delle imprese italiane, ma questo non deve essere un ostacolo;
  2. Sapere cosa sta accadendo nel mondo o anche solo conoscere il flusso di pensiero attuale (sempre in maniera critica) aiuta a farsi almeno un’idea di quello che accade fuori dalle pareti dell’ufficio o, di questi tempi, fuori dalle pareti domestiche;
  3. come per tutto in questo mondo, non scartare ma prendere spunto. Non sai mai dove potresti trovare un’idea che cambierà il tuo modo di vedere le cose;

Piero Vigutto

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