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Mi licenzio… così l’azienda mi fa una proposta per rimanere

Mi licenzio… così l’azienda mi fa una proposta per rimanere. Non so quante volte l’ho sentita e l’ho visto fare. Il fatto è che gli esiti sono del tutto imprevedibili. Usare le dimissioni per minacciare l’azienda con l’unico scopo di ottenere un aumento di stipendio, a mio avviso non è proprio intelligente. Poi, a seconda della situazione, non è un bel momento per l’impresa ma non lo è neppure per il dipendente.

Vediamo i casi:

𝟭. 𝗹'𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮 𝗺𝗶 𝗳𝗮 𝘂𝗻'𝗼𝗳𝗳𝗲𝗿𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗿𝗶𝗺𝗮𝗻𝗲𝗿𝗲:

Il dipendente è felice perché al sentire la frase “Mi licenzio” l’azienda intimorita dalla difficoltà di trovare personale, dalle competenze che potrebbero andare dal competitor, dal fatto che molti progetti sono in capo a quella persona e anche una veloce sostituzione comporterebbe ritardi e costi, soggiace alle evidenze e rilancia con una sostanziosa integrazione. Ma che figura fa l’azienda? Il messaggio intrinseco è: te lo meritavi da tanto tempo ma ho tirato sul tuo stipendio fino alla fine, ora ti do l’aumento solo perché sono con le spalle al muro e se te ne vai mi trovo in braghe di tela. Strategicamente è un fallimento, se la voce si diffonde l’ufficio HR avrà la fila di persone che al grido di “Mi licenzio” cercherà di ottenere un aumento. Dal punto di vista organizzativo si evidenzia un vulnus non da poco. L’azienda che non ha previsto delle tavole di sostituzione o non ha investito su un buon appeal (leggi attraction) si troverà sempre sotto scacco dei dipendenti interessati ad ottenere un facile aumento con importanti costi da sostenere e un lavoro di gestione HR sempre in emergenza.

𝟮. 𝗹'𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗳𝗮 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗮 𝗼𝗳𝗳𝗲𝗿𝘁𝗮

Questa è una classica situazione di stallo momentaneo perché si possono verificare due condizioni:

a. mi licenzio… e il dipendente ha veramente un’altra offerta. Ottimo, direte, buon per lui. Ha comunicato all’azienda che se ne sta andando e questa non ha rilanciato. Evidentemente non ci sono problemi per una sua sostituzione. Potrebbe essere questo ma il messaggio non gestito offre molteplici interpretazioni, infatti il dipendente potrebbe pensare che l’azienda voglia liberarsi di lui, che non è interessata al suo lavoro e questo soprattutto se il collega prima di lui è andato dall’HR ha pronunciato anche lui la fatidica frase “Mi licenzio” ma a lui è stato offerto qualcosa in più per rimanere.  Potrebbe interpretare il messaggio come: vai pure (che ci fai una cortesia). In ogni caso sarebbe devastante per il clima e le relazioni interne. Attenzione quindi alla comunicazione interna, cosa di cui spesso non ci si preoccupa lasciando alle persone la facoltà e l’occasione di supporre qualunque cosa. Lasciare che un dipendente se ne vada senza parlarci potrebbe innescare malumori ingestibili sul lungo periodo. Comunque sia, mai e poi mai dopo il “Mi licenzio” lasciarsi scappare la famosa frase figlia della leadership bieca degli anni ’90 “Tutti sono necessari ma nessuno è indispensabile”, è come dire “vai che tanto morto un Papa se ne fa subito un altro”, tanto varrebbe rispondergli “e chi se ne frega”. Una volta pronunciata una frase del genere non si torna più indietro, qualunque politica di gestione del personale sarà un fallimento, per non parlare del livello prossimo allo zero che ha per l’attraction.

b. mi licenzio… ma non ho alcuna offerta. E’ la strategia di chi ha visto il collega più ardito farsi avanti con la direzione ed ottenere un aumento per rimanere. Quindi… aspetta che ci provo pure io. Anche in questo caso potrebbero verificarsi due condizioni:

  1. mi va bene e pure io ottengo l’aumento.
  2. mi va male e mi rispondono: ti aiuto a sgomberare la scrivania?

Nel primo caso è andata bene, ho finto di avere una proposta di lavoro e al “mi licenzio” ho ottenuto il mio obiettivo. Nel secondo caso è un problema grossissimo.  La conseguenza? Beh, primo per quel dipendente è chiaro che, per l’azienda, non è affatto indispensabile; secondo, il dipendente ora ha un problema di credibilità che può risolvere solamente con le dimissioni. Meglio sbrigarsi a trovare un altro posto di lavoro. Voi direte che bisogna essere proprio fessi a fare una cosa del genere, e allora vi rispondo che in giro ce n’è parecchi perché l’ho visto fare diverse volte.

La morale è sempre quella

“Mi licenzio” è una frase che sentirete spesso nella vostra carriera alcune volte sarete proprio voi a pronunciarla. Va bene, va tutto bene se ci si fa trovare preparati. Qualcuna delle vostre persone vuole andarsene, va bene è tutto ok (soprattutto perché da indagini ISTAT il tempo di permanenza in azienda è di 2.4 anni), ma al “mi licenzio” dobbiamo farci trovare pronti. Per capire se sei pronto/a rispondi a queste domande:

  1. hai pronte le tavole di sostituzione interne?
  2. hai proceduto ad erogare la formazione adeguata a X in vista di una possibile sostituzione di Y che ha detto “mi licenzio”?
  3. hai un questionario interno da somministrare a coloro che ti hanno detto “mi licenzio” per capire il motivo dell’uscita dall’azienda?
  4. hai provveduto a monitorare il clima interno?
  5. hai pronunciato anche tu la frase “tutti sono necessari ma nessuno è indispensabile”?

potrei continuare ma sono sufficienti queste 5 domande. Se hai risposto “No” più di due volte, allora hai un problema. Magari non lo hai vissuto ma lo vivrai. Meglio porre rimedio subito mettendo mano all’organizzazione e alla gestione del personale. Un’altra cosa, mantenere un dialogo bidirezionale con il personale basato sulla fiducia e sullo scambio il più delle volte aiuta a prevenire eventuali fuoriuscite o comunque a gestirle al meglio.

Piero Vigutto
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