Parlavo recentemente con una jr HR di questioni inerenti al personale. E’ sempre bello scambiare opinioni, portare le proprie esperienze e ascoltare quelle degli altri. Ad un certo punto la discussione è arrivata ad un punto spesso dolente per le imprese, quello della valutazione della performance.
La nostra prima reazione di fronte all’affermazione di un altro è una valutazione o un giudizio, anziché uno sforzo di comprensione. Quando qualcuno esprime un sentimento o un atteggiamento o un’opinione tendiamo subito a pensare “è ingiusto”, “è stupido”, “è anormale”, “è irragionevole”, “è scorretto”, “non è gentile”. Molto di rado ci permettiamo di “capire” esattamente quale sia per lui il significato dell’affermazione.
Carl Rogers
Se c’è qualcosa che manca spesso in azienda è la cultura della valutazione. In realtà, a pensarci bene, non è neppure sorprendente perché questo atteggiamento deriva dalla nostra cultura personale maturata in anni di scuola dove valutazione equivaleva a giudizio. Fin dalle elementari quello che imparavamo era che qualcuno (la maestra) accompagnava la restituzione del compito in classe o a casa con un tratto di penna rossa. La penna rossa era simbolo di errore e la somma di più errori rendeva meno corretto il compito, meno corretto era il compito peggiore era il giudizio. Sapevamo anche che, una volta ritornati a casa, la punizione era direttamente proporzionale al giudizio. Ciò che ci è rimasto è che la performance viene valutata e a giudizio negativo corrisponde una punizione.
Non è sbagliato che ci sia una valutazione della performance, è errato il pensiero che soggiace. Quali potrebbero essere le conseguenze di questo pensiero? A questa domanda ci arriviamo rispondendo ad un’altra domanda: quali sono le reazioni di fronte ad una punizione?
È corretto osservare che i risultati di una punizione possono portare a tre atteggiamenti diversi da parte dei dipendenti. Vediamo più nel dettaglio:
- Attacco: Alcuni dipendenti possono reagire con un atteggiamento di attacco in risposta alla punizione. Questo può essere causato dalla paura di un’ingiustizia o dalla percezione di un trattamento iniquo. Questi dipendenti potrebbero sentire la necessità di difendersi o di rispondere in modo aggressivo come reazione alla punizione subita.
- Fuga: Alcuni dipendenti possono adottare un atteggiamento di fuga in risposta alla punizione. Questo può manifestarsi attraverso un comportamento di evitamento delle responsabilità o dell’impegno nel proprio lavoro. Questi dipendenti potrebbero sentire di non essere in grado di far fronte alla situazione o di essere demotivati a causa della punizione subita.
- Paura: Alcuni dipendenti possono sentirsi paralizzati dalla paura a seguito della punizione. Questo può portare a una mancanza di iniziativa e alla resistenza nel prendere responsabilità. Questi dipendenti potrebbero evitare di assumere rischi o di fare scelte autonome per timore di ulteriori punizioni o conseguenze negative.
È importante notare che un giudizio negativo può avere effetti negativi sul clima lavorativo e sulla motivazione dei dipendenti. Alcuni studi hanno dimostrato che un approccio basato sulla punizione può portare a un calo della produttività, della collaborazione e dell’innovazione* al contrario, un approccio basato sulla responsabilizzazione, sulla trasparenza e sul sostegno può promuovere una cultura lavorativa positiva in cui i dipendenti si sentono incoraggiati a imparare dagli errori, a prendere responsabilità delle proprie azioni e a impegnarsi nel miglioramento continuo. E’ quindi importante considerare l’impatto degli strumenti di valutazione e delle azioni correttive sulla motivazione e sull’atteggiamento dei dipendenti, cercando di favorire la crescita, il dialogo e la collaborazione invece che creare paura o un senso di ingiustizia.
Ma troniamo a noi. Vediamo quali sono i bias che accompagnano la confusione che regna tra valutazione e giudizio:
Primo, l’equivalenza valutazione/giudizio. Spesso queste due parole assumono un valore equivalente mentre sono estremamente diverse per azione e reazione. Il giudizio è personale, soggettivo e soggetto spesso agli umori, alle simpatie e alle antipatie. La reazione ad un giudizio è anch’essa emotiva e spesso negativa perché viene presa come arbitraria e genera conflitti e asperità. Un po’ come dire ad una persona che è bassa, potrebbe risentirsene o ritenersi offesa, pensare che vi sia malafede o l’intento di deriderla. La valutazione è asettica, logica, fredda e non comporta alcuna componente personale. Non ha nulla a che fare con le emozioni o le opinioni, è un dato di fatto misurato da un sistema condiviso. Non v’è personalizzazione ma un mero dato di fatto, riprendendo l’esempio precedente sull’altezza la valutazione è riportare il dato misurato (ad esempio 1.55 metri), non c’è malafede e nessun sottinteso. E’ semplicemente così. Non vi è emozione né reazione da parte del soggetto valutato, né può asserire che il valutatore “ce l’ha con lui/lei”, è semplicemente così.
Secondo, viene assegnato un valore alla correttezza del compito e questo è assegnato a discrezione del valutatore che non offre altra restituzione. Impariamo fin troppo presto che le persone sono umorali e che questo influenza il loro giudizio, impariamo che la diversità di giudizio scolastico può variare largamente da docente a docente (2 docenti di fronte allo stesso compito possono dare voti diversi). Con questo non intendo affermare che il professore che vi ha dato 3 ce l’aveva con voi (una scusa che abbiamo usato più o meno tutti) anzi probabilmente aveva ragione, ma quante volte avete ottenuto un voto, positivo o negativo che fosse, e il valutatore ha investito del tempo a spiegarvi il motivo del risultato? Nella mia carriera scolastica sono stati decisamente pochi, in azienda anche meno. La mancanza di dialogo diventa motivo di sospetto (ce l’ha con me) che si trasforma in mancanza di fiducia fino, nei casi più gravi, a sfociare in ostilità aperta.
Terzo, la mancanza di comunicazione e relazione portano l’essere umano a semplificare sistemi complessi e a compiere salti logici. Un errore che facciamo quotidianamente senza accorgercene. In un sistema di valutazione con una scala da 1 a 10, l’errore è quello di associare un’emozione positiva ad un voto maggiore di 6 e negativa ad un voto inferiore o uguale a 5. Questo accade perché, come ho detto prima, sappiamo che la punizione è tanto maggiore quanto basso sarà il giudizio, un’associazione di idee che ci distoglie dal focus che non è il voto bensì la qualità di ciò che ho appreso. Mi spiego meglio, se prendo 2 sono infelice perché so che verrò punito, in quel momento mi concentro sulla punizione e non sull’indicatore (il 2) che mostra il grado della mia effettiva preparazione (molto bassa), cosa che mi dovrebbe portare a capire i miei errori e a studiare di più per correggerli. In questo modo il sistema di valutazione perde di efficacia. Anche se non ce ne rendiamo conto questo accade parimenti con i voti positivi, se prendo 6 sono felice perché non verrò punito ma questo non mi spinge a capire per quale motivo non sono arrivato a 10.
Quarto, impariamo a temere la penna rossa come simbolo di errore. L’errore viene associato alla punizione e quindi l’errore è male, è una cosa brutta. Una lezione spiacevole che ci impedisce di capire subito che gli errori sono la fonte migliore di insegnamento. L’essere umano impara dagli errori ma solo se vengono evidenziati dalla penna rossa. La penna rossa è quindi il miglior aiuto che possiamo avere per imparare. Un bias frequente arriva in presenza di pochi segni rossi e di un voto sufficiente: se prendo 6 va tutto bene perché il compito è superato. L’errore poco evidente, in questo caso, è che mancano 4 punti al 10 ovvero alla preparazione completa e approfondita.
La valutazione non è un giudizio e il giudizio non è una valutazione. Prediligere un sistema di valutazione evita qualunque fraintendimento, bias e reazioni emotive. Così facendo eviteremo un sacco di problemi.
Valorizzare il feedback continuo. Un sistema di valutazione privo di un confronto tra valutatore e valutato non è altro che una scala ordinale del tutto priva di senso e molto relativa se non segue delle regole. E’ importantissimo che alla valutazione segua il confronto costruttivo volto alla valorizzazione della persona e al suo sviluppo. Altrimenti del sistema di valutazione non ce ne facciamo nulla.
Parlatene e quando avete finito, parlatene ancora. Non ci devono essere sospetti sulla validità del percorso di valutazione né sulla vostra onestà di valutatori, men che meno sull’utilizzo dei dati ricavati che, come ho già detto, devono essere utilizzati per colmare gap formativi, offrire occasioni di sviluppo personale che portino beneficio alle risorse interne. Parlarne continuamente affinché non ci siano dubbi su quello che viene proposto è doveroso e utile ad evitare tutti i bias di ragionamento derivanti dalla mancanza di un confronto.
Imparare dagli errori alimentando una cultura della gestione dell’errore. L’errore è un sintomo, non la malattia. Reprimerlo, nasconderlo, sperare che non accada è fantasia. E’ come costruire un grosso boomerang che poi si schianterà a tutta velocità sulla nostra nuca. Tutti sbagliano, chi non sbaglia significa che non confessa di aver sbagliato oppure sta ben attento a non osare. Ma se non osi, non voli. Se non voli, non hai uno sviluppo. Se non hai uno sviluppo anche il tuo gruppo rischia di non osare. Il risultato? L’immobilismo. Nono proprio utilissimo per le imprese.
Piero Vigutto

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* Teoria della motivazione: Le teorie sulla motivazione, come la teoria dell’autodeterminazione di Deci e Ryan, suggeriscono che la motivazione intrinseca, basata sul senso di autonomia, competenza e relazioni positive, è più efficace nel promuovere un impegno e una produttività sostenibili rispetto alla motivazione basata sulla paura delle punizioni.
Clima organizzativo: Ricerche sulla psicologia organizzativa hanno evidenziato che un clima lavorativo basato sulla fiducia, sulla trasparenza, sul supporto e sulla collaborazione promuove una maggiore produttività e innovazione. Un clima basato sulla punizione può invece generare un senso di minaccia e paura, che può influire negativamente sulla motivazione e sulla creatività dei dipendenti.
Gestione del rendimento: Gli approcci moderni alla gestione del rendimento si concentrano sempre più sull’obiettivo di sviluppare le capacità e il potenziale dei dipendenti, piuttosto che sull’applicazione di punizioni. L’accento è posto sull’identificazione delle aree di miglioramento, sulla fornitura di feedback costruttivo e sul supporto allo sviluppo delle competenze.