Annunci di lavoro. Chi è avvezzo ai social, soprattutto LinkedIn, ne avrà trovati chissà quanti. Alcuni scritti in maniera impeccabile, altri come quelli della foto qui sotto, un annuncio vero che ho scovato on line e che… beh, che dire hanno giocato a fare i grandi e si sono sbucciati le ginocchia (Cit. Jobber, di Matteo Fini… da leggere).
L’immagine è un po’ sgranata, accade quando si fanno gli screenshot, ma si dovrebbe comunque riuscire a leggere i fantasiosi contenuti. Un annuncio che con l’employer branding fa a cazzotti lasciando tutti al tappeto:
- l’azienda, che in questo modo fa una figura che si poteva risparmiare;
- i manager, se ce ne sono, che così sembrano tutti degli scappati di casa. Improvvisazione è dire poco. Linguaggio non corretto e privo di una qualsivoglia logica è un eufemismo;
- i candidati che, dopo aver letto, devono tirare su la mascella e chissà cos’altro ancora;
“L’azienda va alla grande” ma cercano dei PM entry level per gestire i progetti. Va alla grande… già a questo punto a chi legge sanguinano gli occhi. La comunicazione che usi definisce chi sei, ricordiamolo anche dopo quando sottolineerò alcune espressioni. La comunicazione si rivolge ad un pubblico, se dici “va alla grande” ti stai rivolgendo a quale target? E’ importante definirlo prima ed adeguare le espressioni a quel tipo di target.
La posizione è Entry level ma vengono dati progetti da gestire, così, perché si crede nel candidato. Ammirevole, non c’è che dire, ma “posizione Jr + importanti progetti” è dissonante, un po’ come dire “ti butto nella fossa dei leoni ma so che ce la farai”. Sembra una di quelle frasi motivazionali che fanno venire i brividi e che poco o nulla hanno a che fare con gli annunci di lavoro. Una frase che mi ricorda un film “I Kurgan erano un antico popolo delle Steppe Rosse. Per divertirsi gettavano i bambini in una fossa per disputarsi la carne con i cani affamati.” (cit. Highlander, l’ultimo immortale. 1986). Nel film alla fine ne resta uno solo, la frase è anche carina (nel film) ma applicata al contesto lavorativo fa tremare i polsi: e se l’ultimo a rimanere non sei tu? Se il candidato ci pensa un pochino il CV mica lo manda. Frasi che richiamano un machismo inutile e desueto, rimarcato dal fatto che l’azienda “ti aiuterà (caro giovane) a tirare fuori le palle”, un altro termine che non dovrebbe stare in un annuncio di lavoro.
L’azienda, ricordiamolo, va alla grande (leggasi: guadagna tanto), ma la posizione è a Partita IVA perché si sa, quando non vuoi garantire neppure il minimo sindacale, vuoi che lavorino senza orario (h24 e 7×7), pagati una miseria perché se non ottieni i risultati sei tu che non credi abbastanza in te stesso e, al contempo, vuoi che tutto questo sia regolare, allora gli dici che lo fai per loro, che li aiuti a tirare fuori le palle e che per mettergli il pepe nel posto giusto li assumi con Partita IVA… il fatto è che non ci crede più nessuno. Qualunque candidato sa benissimo che se l’azienda guadagna si può permettere di assumere un apprendista (ricordo che entry level), se non se lo può permettere o non vuole prendersi la responsabilità di selezionare bene qualcuno per inserirlo e contemporaneamente avere la possibilità di scaricare una persona quando e come vuole, negli annunci scrive “posizione a Partita IVA”. Anche in questo caso un autogol che fa impallidire quello di Materazzi in Emopli – Inter. Complimenti vivissimi!
Quindi, riassumiamo le qualità e competenze del candidato richieste dall’azienda:
- senza esperienza va bene, ma pure se ce l’hai va bene lo stesso
- va bene il diploma, pure la laurea o qualunque altra formazione perché di fatto non è specificato
- va bene se ti metti in gioco e lavori tanto, viaggi, tiri fuori gli attributi, ecc. Se non li hai te li fa uscire l’azienda
- sono seri, quindi ti prendono solo a PIva… lo fanno per te
- se non raggiungi i risultati se fuori in un battito di ciglia, tanto hai la PIva quindi…
Immagino l’articolo sul giornale dal titolo “Azienda offre una magnifica posizione ma nessuno si candida. Colpa dei sussidi statali”
Annunci di lavoro, quelli belli. Eppure basterebbe poco, basterebbe capire come scriverli per attrarre invece che repellere i candidati. Le imprese non possono prescindere più da alcuni fondamentali della comunicazione. L’employer branding non deve essere più un vocabolo incomprensibile ma uno strumento di cui le aziende dispongono per gestire le persone, sia i futuri candidati sia quelle che l’azienda ha già. Provate a pensare, se foste i dipendenti di quell’azienda e leggeste quell’annuncio di lavoro cosa pensereste? Che opinione vi fareste del management o della proprietà? Se foste potenziali candidati rispondereste a questo annuncio di lavoro?
Voglio essere chiaro, non sto criticando l’azienda. Beh, forse un po’ ma le mie vogliono essere critiche costruttive su cui riflettere affinché si faccia meglio la prossima volta. Credo profondamente che a chi si occupa di persone, che sia un/a HR di una multinazionale o un/a imprenditore/imprenditrice non può più improvvisare.
Piero Vigutto
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