*Nota: non percepisco denaro per la segnalazione di questi testi e la recensione pubblicata è frutto della mia personale opinione.

Il volume di Frederic Laloux, con la postfazione di Ken Wilber, si pone come un punto di svolta nel pensiero organizzativo: non un manuale da banco, ma un’analisi profonda e vivace dell’evoluzione delle forme organizzative. Partendo dalla constatazione che il modo con cui gestiamo le aziende appare sempre più inadeguato, Laloux propone un paradigma inedito, il modello “teal”, definito come paradigma organizzativo evolutivo che integra autogestione, pienezza personale e uno scopo evolutivo.
La forza del testo si manifesta nella lettura sincronica dell’evoluzione culturale umana e delle organizzazioni. Laloux attinge alla teoria integrale di Ken Wilber e alla Spirale Dinamica, inquadrando la transizione storica dei sistemi sociali attraverso una codifica cromatica: rosso, ambra, arancio, verde, fino al teal, rappresentativo della nuova consapevolezza emergente . Non si tratta di mera teoria astratta, ma di una proposta concreta fondata sullo studio di dodici realtà reali – aziende, ospedali, scuole – che già operano secondo i principi teal, conferendo così al testo un’autorevolezza rara e tangibile.
Fin dalle prime pagine emerge come le organizzazioni teal abbiano scelto la fiducia come metodo, sostituendo i dogmi delle procedure con la libertà responsabile dell’autogestione. Il manager non scompare, ma diventa custode dei valori, mentore e facilitatore di senso. Non un capo che comanda, ma un collega che accompagna, in linea con una cultura aziendale integrata piuttosto che gerarchica . Questo passaggio dal controllo alla fiducia rappresenta una trasformazione culturale che tocca le radici stesse della gestione delle persone.
Un altro elemento distintivo è la dimensione della “pienezza”, che invita a portare il sé integrale – razionale, emotivo, creativo e spirituale – sul luogo di lavoro, restituendo dignità e valore alla persona intera. Non più ruoli asettici e distaccati, ma esseri umani completi che trovano significato nel contribuire secondo la propria autenticità. Le organizzazioni teal incoraggiano incontri, ritualità e pratiche di confronto che permettono di superare isolamenti e fratture interiori.
Il terzo pilastro, ripreso nel sottotitolo, è la “ragion d’essere evolutiva”. Laloux descrive le organizzazioni teal come organismi viventi, dotati di una missione che va oltre il profitto, capace di adattarsi, crescere e innovare in sintonia con il contesto. Cases come Buurtzorg e Morning Star sono citate per aver dimostrato che scopo e autonomia generano risultati sostenibili, un impegno autentico verso il mondo e al contempo soddisfazione profonda tra i collaboratori.
Laloux non ignora le critiche che sono emerse in chiave più scettica, a partire dal rischio di idealizzare troppo un paradigma narrato solo tramite casi selezionati, o al pericolo di applicazioni rituali e ideologiche . Tuttavia, la forza del suo approccio sta proprio nella coesione tra teoria e pratica: i case study – sparsi nei vari settori – permettono di misurare applicabilità e limiti, senza nascondere le sfide della trasformazione culturale.
La narrazione di Laloux risulta scorrevole e stimolante, con un capitale linguaggio evocativo che rende accessibili concetti complessi. Le sezioni teoriche si alternano a esempi concreti e a sintetiche tabelle di confronto tra stadi evolutivi, capaci di chiarire il passaggio da forme organizzative tradizionali a strutture emergenti . Non un libro veloce, ma un manuale alla portata di manager, coach e docenti, che richiede e offre riflessioni profonde, un cambio di prospettiva e di atteggiamento.
In sintesi, “Reinventare le organizzazioni” ci invita a considerare l’azienda non come macchina da ottimizzare, ma come comunità umana in costante divenire. Il modello teal appare come paradigma della nuova consapevolezza organizzativa, che supera il paradigma dell’individualismo competitivo, incarna il pluralismo e coltiva un senso autentico di scopo. È un libro che ispira, stimola, talvolta provoca, ma soprattutto interpella: ci chiede come intendiamo lavorare, imparare e collaborare oggi, e con quali valori intenderemo costruire il futuro collettivo.

Nel panorama attuale del lavoro, segnato da engagement in discesa, quiet quitting e “grande dimissione”, Alessandro Donadio propone un’inversione di paradigma: portare nel contesto organizzativo l’energia vitale dell’Eros, inteso non come carica erotica, ma come desiderio profondo e spinta creativa verso qualcosa che valga, che dia significato e che mobiliti lo spirito umano: la motivazione.
Con 120 pagine dense e impeccabilmente organizzate, il volume si struttura attorno a una domanda fondamentale: Che senso ha il lavoro oggi? Per rispondere, Donadio sostiene che serve una metafora nuova – quella dell’Eros –, capace di farci guardare “al cielo, alle stelle”, ossia verso un orizzonte di significato della motivazione più ampio ed elevante. A differenza delle solite narrative sull’engagement legate a premi, benefit o riconoscimenti, il filo rosso dell’Eros incarna una visione plurale: filosofia, antropologia, psicologia, sociologia e letteratura vengono convocate non per sfoggio accademico, ma per costruire un “a‑modello”, cioè una cornice aperta che lasci spazio all’interpretazione personale della motivazione.
Elemento distintivo del libro è la definizione dell’Eros come “desiderio dell’irreperibile”, derivante dal latino de‑sidus (“verso le stelle”). È dunque un desiderare che non si realizza nel possesso, ma nell’orientamento, nella tensione verso qualcosa che risuoni con la nostra visione autentica . Ecco perché, sostiene Donadio, l’Eros disinnesca la trappola dell’engagement convenzionale e promuove un patto tra persona, organizzazione e mondo fondato su valori condivisi, sostenibilità, inclusione e comunità.
Il saggio ha una struttura chiara e progressiva: si parte con una prefazione dedicata alla necessità di nuove metafore; poi vengono richiamati i “saperi molteplici” utili ad alimentare una prospettiva umanistica; infine si approfondiscono le componenti dell’Eros e si delineano le parole chiave del tempo presente – YOLO, quiet quitting, capitalismo sostenibile – fino ad arrivare all’applicazione concreta nelle pratiche HR. Il risultato è un testo agile che stimola la riflessione senza appesantire: nella forza del suo linguaggio non manca però una rigorosa densità intellettuale.
Chi ha letto il libro ne apprezza la freschezza e l’originalità: recensioni su Amazon parlano di un testo “rivoluzionario”, “senza moralismi”, capace di illuminare il rapporto tra “Amore e Lavoro” con competenza e coraggio . L’autore, ex HR e consulente attivo anche nel mondo accademico, mette a disposizione con credibilità un approccio che non teme di affrontare le complessità del presente, pur mantenendo un tono empatico e coinvolgente.
Eros e lavoro è un invito potente: ripartire dal desiderio per ritrovare senso nel lavoro, rafforzare la relazione tra individuo e organizzazione, e costruire un lavoro riconciliato non solo con la performance, ma con la dignità e la sostenibilità collettiva. Più che un manuale, è un manifesto filosofico-pratico che può diventare fonte d’ispirazione per manager, HR, coach e chiunque lavori sul cambiamento culturale nelle organizzazioni.

Non è un manuale tecnico né una raccolta di nozioni obbligatorie sulla sicurezza sul lavoro, ma un’antologia emozionale e partecipativa di storie, idee e riflessioni firmata da numerosi ambassador del movimento Italia Loves Sicurezza, ideato da Davide Scotti. L’opera, pubblicata da EPC Editore nel dicembre 2018, si propone di trasformare la percezione della sicurezza da un obbligo da adempiere a una scelta consapevole da condividere in azienda, in famiglia e nella società.
La prima forza del libro è la sua anima collettiva. Più di quaranta professionisti del settore portano proposte, esperienze dirette e narrazioni d’impatto: brevi racconti capaci di scalfire schemi consolidati sul rischio. Il taglio è volutamente divulgativo e suggestivo, con capitoli che suonano come vere e proprie “talk” – da qui il titolo – pensate per stimolare l’attenzione, emozionare e azionare una riflessione personale e collettiva .
Leggendo “Safety Talks” emerge che il rischio zero non esiste, ma la consapevolezza sì e può fare la differenza. Attraverso le parole dei contributor, si costruisce un percorso in cui parlare di salute e sicurezza significa prima di tutto comprendere, condividere e comunicare: valori rappresentati dalla capacità di tornare a casa ogni sera, la responsabilità che si trasforma in azione e la leadership incarnata nel quotidiano. Sono storie di “tornare a casa”, di coraggio del cambiamento, di esperienze vissute, capaci di rompere lo schema ‘seguo la procedura perché devo’, restituendo profondità umana a una materia spesso vista come burocratica.
Il testo nasce all’interno della collana SafeBooks – curata proprio da Scotti – e fa leva su un concetto preciso: la sicurezza non è una legge, ma un valore da vivere e condividere. Questa visione, oltre a trovare spazio nelle testimonianze, si riflette anche nel progetto editoriale: i diritti d’autore sono destinati a finanziare uno spot video per la diffusione della cultura della sicurezza. Il libro diventa quindi uno strumento di comunicazione partecipata, pensato per manager, Safety Manager, RSPP, RLS, formatori e cittadini che desiderano avvicinarsi a un approccio più empatico e responsabile.
Dal punto di vista stilistico, le pagine scorrono leggere ma lasciano un’impronta emotiva importante. Non è grande saggezza tecnica, ma è consapevolezza autentica: si parla di errori, inciampi, paure, risate e connessioni. Ogni racconto affonda le radici nel vissuto, con suggerimenti pratici, approcci concreti e sollecitazioni alla trasformazione culturale. Un esempio emblematico: il racconto sulla “cura del tornare a casa” – con le sue quattro CO: comprensione, condivisione, comunicazione e costruzione – offre un paradigma di riflessione efficace, capace di generare consapevolezza in chi lo legge .
La scelta di affidare il progetto a voci molteplici dà valore alla diversità di contesti: cantieri, uffici, industria, trasporti, scuole. L’effetto è quello di vedere la sicurezza come “lingua comune” trasversale a ruoli ed esperienze. Non una serie di regole, ma una cultura condivisa e partecipata. Questo messaggio, potente e chiaro, è forse il grande merito del volume.
In sintesi, “Safety Talks” è una lettura che lavora sulla testa e sul cuore. È ideale per chi vuole declinare la sicurezza come valore, non regola, e desidera farlo in modo immediato, responsabile e coinvolgente. Un libro che sa toccare le emozioni, accompagnare la riflessione e indicare che, anche nei temi più concreti, esistono parole e storie capaci di creare nuova cultura.