*Nota: non percepisco denaro per la segnalazione di questi testi e la recensione pubblicata è frutto della mia personale opinione.

Quando la stabilità non basta più e il salario perde appeal, Il lavoro da offrire, la proposta da accettare si presenta come uno specchio delle dinamiche tra aziende e professionisti che stanno ridefinendo il patto psicologico tra individuo e impresa. Con spirito collaborativo, tre figure complementari – un consulente del lavoro, una formatrice esperta di employer branding e un giornalista HR – convergono per delineare una lettura chiara e ricca di concretezza, offrendo al lettore strumenti utili a comprendere quali elementi oggi fanno davvero la differenza in un’offerta professionale. Ispirandosi alla filosofia del welfare integrato e alla sostenibilità sociale, gli autori sostengono la necessità di una narrazione nuova del lavoro sostenibile, che non può più limitarsi agli aspetti economico-finanziari, ma deve arricchirsi di dimensione relazionale, aspirazionale e valoriale.
Il testo si apre con una riflessione sulle nuove priorità delle persone, evidenziando come fattori quali benessere psicofisico, equilibrio tra vita privata e lavoro sostenibile, senso di appartenenza abbiano soppiantato, o affiancato, il mero aspetto retributivo. Gli autori sollevano una domanda semplice ma potente: cosa rende un’offerta di lavoro davvero attrattiva nel 2025? Non nasce dalle clausole contrattuali, ma da promesse autentiche che le aziende sanno mantenere e comunicare con chiarezza. Insieme a chi cerca lavoro sostenibile, le imprese oggi sono chiamate a riflettere sul proprio impatto sociale, sulla propria reputazione interna ed esterna e sul modo in cui trasformano i valori in pratiche tangibili .
Poi il volume evolve in un dialogo tra voci aziendali e casi emblematici, nei quali operano player come Enel, EssilorLuxottica, Ferrero, Leroy Merlin, Nestlé, Reale Group e Siemens. Da queste aziende emergono pratiche virtuose di welfare, gamification del lavoro, formazione continua e politiche per la retention, supportate dalla panoramica di un chiaro collegamento tra benessere organizzativo e produttività. Le testimonianze qualificano il testo come non ideologico, ma radicato nel reale, rendendo concreta l’idea che il “match lavorativo” – se realmente sostenibile – è possibile.
Il cuore del libro risiede in un kit di autovalutazione, composto da undici strumenti pratici per testare la propria offerta professionale e abilità a orientarsi tra le molteplici forme di lavoro sostenibile oggi disponibili: dal freelance alla P.IVA, dal lavoro tradizionale al progetto temporaneo o alla startup. L’approccio non è prescrittivo ma orientativo: l’obiettivo è accompagnare il lettore attraverso un viaggio personale e professionale più consapevole, capace di individuare rispetto, valori e crescita oltre la retribuzione.
Nonostante la ricchezza dei contenuti, il testo si mantiene agile e accessibile: i dati vengono presentati lucidamente, le testimonianze si incastonano in modo funzionale, il linguaggio evita tecnicismi inutili e spiega concetti come ESG, welfare o employer branding in modo inclusivo. La tridimensionalità degli autori – gestione contrattuale, formazione HR, comunicazione – consente di leggere il fenomeno da molteplici punti di vista, offrendo una visione trasversale e coesa insieme.
Il limite maggiore del volume deriva forse dalla sua ampiezza: condensare tanti temi in poco più di 200 pagine può risultare affrettato per alcuni, soprattutto chi cerca approfondimenti legali o modelli quantitativi di welfare. Tuttavia, questa concisione è anche un punto di forza: rende il libro adatto a un pubblico ampio – manager curiosi, HR, giovani in cerca o in fase di transizione – senza perdere in chiarezza e utilità.
In definitiva, Il lavoro da offrire, la proposta da accettare rappresenta un contributo rilevante per riflettere sul senso del lavoro oggi, sui fattori che rendono una proposta attrattiva e sulle attese di benessere di entrambe le parti. È un testo di riflessione e azione, pensato per sostenere una transizione verso un mercato del lavoro sostenibile che sia più umano, inclusivo e intelligente, in cui valore e valore percepito coincidono.

Nel panorama attuale, dove l’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando il tessuto economico e sociale, Potere e previsione si presenta come una guida essenziale per comprendere e navigare questi cambiamenti. Gli autori, noti per il precedente successo Macchine predittive, approfondiscono l’analisi dell’IA focalizzandosi su due elementi fondamentali: previsione e giudizio.
Il libro esplora come l’IA stia rivoluzionando il processo decisionale, trasferendo il compito della previsione dalle menti umane alle macchine. Questo spostamento non solo aumenta la velocità e l’accuratezza delle decisioni ma solleva anche questioni cruciali sul ruolo del giudizio umano e sul potere decisionale nelle organizzazioni.
Attraverso esempi concreti e analisi dettagliate, gli autori illustrano l’impatto dell’IA in settori come la finanza, la sanità, la manifattura e il commercio. Ad esempio, nel settore sanitario, l’IA può migliorare le diagnosi e personalizzare i trattamenti, mentre nella finanza può ottimizzare la gestione del rischio e delle risorse.
Un aspetto distintivo del libro è l’attenzione alle implicazioni etiche e sociali dell’adozione dell’IA. Gli autori discutono le sfide legate alla redistribuzione del potere decisionale e alla necessità di una governance responsabile dell’IA. Sottolineano l’importanza di bilanciare l’efficienza tecnologica con valori umani fondamentali come l’equità e la trasparenza.
Per i professionisti delle risorse umane e gli psicologi del lavoro, Potere e previsione offre spunti preziosi su come l’IA influenzi la gestione del personale, la formazione e lo sviluppo organizzativo. Ad esempio, l’IA può supportare la selezione del personale attraverso l’analisi predittiva, ma è fondamentale garantire che tali strumenti siano utilizzati in modo etico e inclusivo.
In conclusione, Potere e previsione è una lettura fondamentale per chiunque voglia comprendere le dinamiche dell’IA nell’economia moderna. Offre una visione equilibrata e approfondita, combinando rigore accademico con applicazioni pratiche. È particolarmente utile per leader aziendali, responsabili delle risorse umane e consulenti che desiderano prepararsi alle sfide e alle opportunità offerte dall’IA.

In “#CommunityManager” Osvaldo Danzi e Giovanni Re delineano con chiarezza la figura professionale del community manager, che oltre a essere un semplice moderatore o animatore di conversazioni online, si configura sempre più come un asse strategico per organizzazioni, brand e realtà digitali. Il libro, edito da Franco Angeli e segnalato tra le letture consigliate per chi opera nelle Risorse Umane e nel digital marketing, affronta l’evoluzione del ruolo, le competenze richieste e le sfide concrete che questa professione incontra quotidianamente.
Il testo si apre descrivendo il contesto in cui nascono le community digitali: spazi online – social network, forum, piattaforme dedicate – dove persone con interessi comuni si incontrano, dialogano, si autocostruiscono e a volte si mobilitano. Ciò richiede un professionista capace non solo di ascoltare, ma di interpretare il sentiment, stimolare conversazioni utili, facilitare relazioni autentiche e tutelare al contempo la reputazione dell’ente di riferimento.
Danzie e Re svelano le direzioni fondamentali del ruolo: dal community building alla governance delle regole, dalla gestione dei conflitti al monitoraggio delle performance. Il loro approccio non è ideologico né astratto: il libro è costruito su esempi pratici, casi reali, suggerimenti operativi e linee guida applicabili fin da subito. Non si tratta quindi di semplice storytelling, ma di una “cassetta degli attrezzi” calibrata per community manager alle prime armi così come per professionisti già navigati .
Una sezione cruciale è dedicata alle competenze richieste: dalla capacità di analisi dei dati quantitativi (reach, engagement, tassi di crescita) e qualitativi (sentiment, tipo di interazioni) fino alla cura della cultura della community. Essere community manager significa anche interpretare messaggi non scritti, comprendere emozioni digitali, rendere un forum o un gruppo partecipativo, utile e sostenibile. Significa trasformare il digitale in comunità autentiche, non in spazi rumorosi o chiassosi.
Gli autori non trascurano la dimensione organizzativa: spiegano come il community manager dialoghi con altre funzioni aziendali (marketing, HR, customer care, legale, comunicazione interna), diventando collante tra contenuto, strategia e cultura organizzativa. Il libro offre dunque anche strumenti utili a ridurre silos interni e a promuovere una collaborazione trasversale centrata sulla community.
Interessante è anche il focus su metriche e valutazione dell’impatto: Danzie e Re propongono un modello articolato che va oltre l’engagement superficiale, includendo processi di fiducia, advocacy, fedeltà e persino capacità di generare innovazione dal basso.
Tra i capitoli, merita menzione quello dedicato ai rischi: come gestire crisi emotive o reputazionali, contenuti estremi o criticità improvvise. Il volume indica pratiche di escalation, protocolli interni e stili di comunicazione preventiva ed empatica: un approccio che restituisce dignità, consapevolezza e responsabilità al lavoro quotidiano del community manager.
Un pregio del testo è la coerenza tra contenuto e forma: l’uso dell’hashtag nel titolo – “#CommunityManager” – diventa simbolo di una narrazione digitale; i capitoli sono brevi, incisivi, ricchi di spunti riassunti in box riassuntivi e call to action; la narrazione alterna esempi pratici a riflessioni di leadership, come se fosse una collaborazione tra manager e coach.
Tra i limiti, alcuni lettori potrebbero rimpiangere una maggiore profondità teorica sui modelli sociologici delle community online, o un numero più elevato di casi aziendali concreti analizzati in modo strutturato. Tuttavia, il taglio agile e professionale risponde all’obiettivo dichiarato: formare professionisti capaci di agire subito con metodo, senza perdersi in eccessive teorie.
Un peccato che poi, alla fine, proprio il #CommunityManager non sia avulso da comportamenti a volte dittatoriali ed esclusivi