
Anno: 2017
Autore: Paolo Iacci, Francesco Rotondi
Casa editrice: FrancoAngeli
“Generazione Z e lavoro” nasce dall’incontro tra due mondi spesso distanti: quello di un manager HR come Paolo Iacci e quello di un giuslavorista come Francesco Rotondi. Lungo poco più di cento pagine, il libro si avventura in un terreno complesso: l’inesorabile collisione tra una generazione digitale, flessibile e curiosa, e un apparato legislativo pensato decenni fa, sordo ai mutamenti rapidi cui i giovani devono adattarsi. I racconti e le riflessioni degli autori emergono in una prosa scorrevole e diretta, capace di rendere chiari fenomeni altrimenti nebulosi. Ne nasce un’opera agile e incisiva, idealmente divisa in due parti: la prima tenta di far comprendere chi sono i membri della Generazione Z, cosa li anima e in che misura le loro aspirazioni si discostino dai modelli di lavoro classici. La seconda prende in esame, con occhio critico, le normative esistenti – dalla legge sul lavoro ai contratti di somministrazione, dagli incentivi per l’apprendistato alle norme sui NEET – smontando l’idea che bastino atti normativi datati a garantire un’accoglienza efficace delle nuove leve.
I giovani nati tra il 1996 e 2010 sono descritti come tecnologicamente immersi, con una forte vocazione all’autonomia, al senso del progetto e alla ricerca di un equilibrio tra realizzazione professionale e benessere personale. Autosufficienti e intraprendenti, oggi cercano esperienze significative, più che la stabilità garantita da un contratto a tempo indeterminato. Per far emergere quel mix di impulsività, pragmatismo e senso civico, gli autori dialogano con dati, analisi e casi studio, ricostruendo la fisionomia di una generazione che lavora per obiettivi e valori, non per inquadramenti rigidi .
La critica si fa serrata quando il libro analizza la disciplina del lavoro in Italia: i contratti continuativi vengono descritti come strumenti pensati per lavoratori a vita, non per chi vive più fasi lavorative diverse nel corso dell’esistenza. Il sistema si mostra inadatto alla gig economy e alle carriere a zigzag. Rotondi, da giuslavorista, mette in luce limiti pratici e ideologici: l’assenza di visioni aperte e di strutture normative dinamiche genera un corto circuito tra domanda e offerta, penalizzando giovani e aziende che vorrebbero innovare.
Il valore della lettura si misura anche in ciò che il libro stimola nel lettore. Chi lo affronta dalle due sponde – giovani e manager – trova spunti concreti per costruire ponti: i primi imparano a conoscere i propri diritti, i meccanismi esistenti e le possibilità reali; i secondi possono interrogarsi su cosa significhi assumere oggi, quale contratto proporre, quale percorso formativo immaginare. Non viene proposta una retorica facile né soluzioni miracolose, bensì una chiamata a interrogarsi. Serve una “radicale flessibilità” che non risponda a pandemie normative, bensì a una nuova normalità professionale .
Pur conciso, il libro percepisce la profondità di un tema epocale: la generazione che non ha vissuto la tv analogica desidera un lavoro che abbia senso, ma va educata a navigare le regole spesso complesse. E va sostenuta dalle imprese, chiamate a superare il modello industriale per sposare una logica modulare, ibrida, contenente. L’opera riesce a trattenere l’attenzione anche grazie alle interviste, ai riferimenti legislativi chiari e al duplice sguardo che arricchisce senza appesantire.
Le critiche potenziali riguardano un’impostazione inevitabilmente schematica. Dodici moduli, trenta slide, una narrazione a due voci appaiono sufficienti per affrontare il tema, ma restano frammenti di una riflessione più ampia che meriterebbe un trattamento più strutturato in ottica di formazione. Nonostante questo limite, l’opera conserva una forte capacità orientativa. La sua utilità emerge proprio nella sintesi proposta: misura, concretezza e rigore rendono “Generazione Z e lavoro” non un trattato, ma una bussola. Consigliabile a manager, responsabili HR, docenti e giovani professionisti, il libro apre lo spazio a una domanda centrale: quali regole valga la pena riscrivere per costruire un futuro lavorativo sostenibile e coeso.