*Nota: non percepisco denaro per la segnalazione di questi testi e la recensione pubblicata è frutto della mia personale opinione.

“Il punto più alto” di Gianfranco Bacchi è un memoir-saggio che intreccia con raffinata eleganza la narrazione di un intero percorso professionale e la riflessione sul valore delle sfide. Il comandante di vascello racconta, in prima persona, la sua vita dalla formazione all’Accademia Navale di Livorno fino al comando della nave scuola Amerigo Vespucci, simbolo della Marina Militare italiana e “veliero più bello del mondo”. Il testo assume allora le sembianze di un viaggio fisico e interiore, un racconto che parla a chi ha uno spirito da esploratore e considera la navigazione a vela non solo mestiere, ma metafora di vita .
La forza narrativa emerge già dal titolo: il “punto più alto” non è solo l’atto dell’assumere il comando della Vespucci, ma il luogo mentale da cui si guarda oltre, persino verso nuove rotte da tracciare. Bacchi sottolinea che quella nomina non rappresenta la vetta, ma piuttosto una base di partenza. Si respira l’idea che la vera crescita stia nel non fermarsi, nel salire di grado senza rinunciare alla passione e alla curiosità. Il lettore segue così una progressione di traguardi che parla di formazione, rischio, responsabilità e capacità di fidarsi della propria squadra.
La scrittura, lineare ma intrisa di emozione, restituisce l’intensità della vita di bordo: le manovre a vela, le notti in mare, l’orgoglio di manovrare quel veliero unico. Le esperienze emergono concrete, vivide, talora avvincenti, come quando Bacchi descrive l’ingresso “a vele spiegate” nel Porto di Taranto durante il lockdown, un momento di forte impatto emozionale e di speranza per il Paese. Non è solo narrazione di fatti, ma evocazione partecipata, resa grazie anche a aspetti multimediali come QR code che rimandano a video reali di crociere.
La dimensione emotiva si unisce a riflessioni più ampie sul senso del comando. Gestire l’equipaggio di centinaia di uomini non è solo esercizio tecnico, ma esercizio di leadership autentica. Bacchi insiste sul fatto che comandare implica ascoltare, educare e trasmettere sicurezza, chiedendosi continuamente quale criterio guida possa trasformare un gruppo in comunità . Emerge con chiarezza l’idea che il vero comando si fondi sul rapporto di fiducia, non su gerarchie imposte.
Il libro risulta dunque adatto a un pubblico vasto: appassionati di mare, futuri marinai, ma anche manager, coach e formatori. Le storie di fatica, coraggio e bellezza sono universali. C’è spazio per la dimensione pedagogica, come quando Bacchi ricorda la propria infanzia distante dal mare, e tuttavia guidata da curiosità e passione . Questi ricordi costituiscono un patrimonio personale, ma sono anche portatori di un messaggio educativo e ispirazionale per chi si sente distante da ciò a cui aspira.
Tra i lettori, diversi evidenziano la piacevolezza del progetto grafico: immagini suggestive della nave, un’impaginazione curata come quella di un quasi albo illustrato. Molti segnalano il valore didattico e simbolico del volume, tanto da definirlo un viaggio emozionante in un simbolo nazional-popolare .
“Il punto più alto” non è semplicemente l’autobiografia di un comandante, ma un invito – rivolto a lettori di ogni età e formazione – a salire sempre più in alto nel proprio orizzonte personale e professionale, a scegliere responsabilità, a investire nella relazione con gli altri. È un romanzo di mare, di comando, ma anche di leadership umana. Per chi cerca storie vere, ricche di passione e insegnamento, è una lettura che sa emozionare e ispirare.

Con “OKR Performance”, Francesco Frugiuele e Matteo Sola portano per la prima volta in Italia una guida concreta e strutturata sull’adozione degli Objectives and Key Results nel tessuto organizzativo nazionale. Forti dell’esperienza di consulenti e HR manager impegnati nella trasformazione digitale, gli autori descrivono non solo il “cosa” ma soprattutto il “come” implementare questo metodo, offrendo una chiave pratica per allineare strategia e azione nei team italiani. L’introduzione curata da Alessandro Rimassa fa da resto, dichiarando sin dall’inizio che gli OKR non sono un semplice strumento, ma una vera rivoluzione culturale in grado di orientare l’impresa verso risultati straordinari.
Pur restando sintetico – appena 144 pagine – il libro sorprende per chiarezza e completezza: i concetti di objectives sfidanti e risultati misurabili vengono esposti con rigore teorico, ma supportati da numerosi casi di aziende italiane che hanno già intrapreso questo percorso. La trattazione restituisce piena dignità al contesto nazionale, ben lontano dalla mera trasposizione di un modello americano: gli esempi narrano una cultura organizzativa diversa, fatta di team ibridi, feedback costante, flessibilità e digital fluency.
Ciò che emerge come particolarmente utile, e che rende il libro uno strumento per manager e team leader, è l’insistenza sull’OKR come leva culturale prima ancora che operativa. Non bastano i numeri, serve creare un ambiente dove la trasparenza diventa quotidianeità e dove le informazioni strategiche sono condivise, così che ogni collaboratore possa sentirsi parte attiva e responsabile del risultato . In tal senso, la metodologia acquista un valore umano, perché restituisce ai lavoratori un senso complice e vigile del proprio ruolo, riducendo rumori organizzativi e potenziando il benessere professionale.
Un’altra riflessione importante riguarda l’interazione tra OKR e KPI: Frugiuele e Sola spiegano chiaramente che non si tratta di sistemi contrapposti, ma complementari. Gli OKR aiutano a distribuire la strategia a ogni livello attraverso obiettivi audaci e non necessariamente legati a incentivi economici, mentre i KPI restano fondamentali per monitorare la performance operativa e regolare i processi. Questo approccio integrato dimostra sensibilità verso la complessità delle organizzazioni italiane e verso la loro capacità di evolvere senza rivoluzioni traumatiche.
Nel libro emerge inoltre la centralità del continuo feedback e del ciclo di revisione: check-in, retrospettive e aggiornamenti trimestrali non sono mere pratiche rituali, ma strumenti essenziali per mantenere il focus e adattarsi al cambiamento . La frequenza agile di questi incontri rafforza la cultura della responsabilità condivisa e contrasta la stagnazione, diventando l’elemento itinerante che trasforma la teoria in cultura.
Chiunque lavori nel campo HR troverà preziose le indicazioni strutturali su come costruire un anello tra vertice e terra aziendale, con ruoli dedicati come l’OKR champion. È una figura che si prende cura del sistema, lo spiega, lo mantiene vivo, ne supporta l’adozione. Al tempo stesso chi ha ruoli strategici vedrà i vantaggi di una leadership condivisa e non più centralizzata, dove il coinvolgimento delle persone diventa conditio sine qua non per sostenibilità e resilienza organizzativa.
Certo, l’approccio riassuntivo può apparire come limite per chi cerca approfondimenti tecnici o casi estremamente articolati. La scelta editoriale è esplicita: funzionalità e sintesi prima di tutto. Il valore, però, sta proprio nella capacità di orientare. Si imposta un percorso, si offrono strumenti e si pianta un seme che può svilupparsi in azienda attraverso formazione, coaching e sperimentazione.
In conclusione, “OKR Performance” è un’opera che centra il bersaglio. È uno strumento operativo e culturale, spiegato da professionisti italiani, testato in realtà reali e arricchito da un approccio pragmatico. È una lettura ideale per responsabili HR, manager, team leader e imprenditori intenzionati a guidare la propria impresa verso un nuovo stadio di coesione e performance.

“Guerra o pace” di Sebastiano Zanolli affronta un tema cruciale e spesso trascurato: il conflitto, non come ostacolo da evitare, ma come preziosa risorsa per la crescita individuale e collettiva. Pubblicato da ROI Edizioni nel 2022, il saggio si situa a cavallo tra dimensione personale, sociale e organizzativa, partendo da un’osservazione lucida: viviamo in epoca di contrapposizioni che tendono sempre più a semplificare il reale, scegliendo tra il bianco e il nero, la guerra o la pace.
L’autore, manager con un solido background nel business (già direttore commerciale in Diesel Italia), muove il discorso da fatti tornati alla luce durante la pandemia: le polarizzazioni, le bolle informative e social, la tendenza a trasformare visioni divergenti in fazioni ostili. Questo tratto emerge anche nei contesti organizzativi, dove il conflitto non gestito diventa formale – fingere che tutto sia a posto – oppure esplode in tensioni violente. Eppure, per Zanolli, il conflitto positivo non è un nemico, ma un punto di partenza: se affrontato, diventa un seme di innovazione, dialogo e coesione.
Il libro, snello (180–192 pagine), è costruito come un kit di riflessione: alterna parte teorica, esempi quotidiani, modelli di intervento, domande per la riflessione personale e raccolte di “strumenti” per usare il conflitto bene. Nella prefazione Daniele Novara, esperto di pedagogia e conflitto positivo, apre il tema con una distinzione semantica precisa tra conflitto, litigio e guerra – afferma che, in italiano, spesso confondiamo termini importanti, rischiando di delegittimare il conflitto prima ancora di comprenderlo.
Il cuore del pensiero di Zanolli è contare meno sulla pace fittizia e più sull’arte di “so‑stare” nel conflitto. Non si parla di caos, ma di crescita attraverso confronto, negoziazione e riconoscimento reciproco delle differenze. L’armonia non è assenza di litigi, ma frutto di un processo articolato in cui ognuno può esprimere idee diverse senza sentire il peso della colpa o lo spettro del conflitto come minaccia .
Il volume è rivolto a un ampio spettro di lettori: manager, imprenditori, formatori, consulenti, professionisti HR ma anche alle persone comuni interessate a gestire meglio le relazioni personali.
Il testo è immediato, scorrevole, lontano da eccessi accademici, eppure porta con sé una quantità di “riflessioni e strumenti utili e attuali” per ricordare l’unicità del confronto ben gestito, concreto e costruttivo.