cultura del lavoro - Risorse umane e disumane. Recensione di Piero Vigutto. Copertina.

Anno: 2017

Autore: Andrea Castiello d’Antonio, Luciana d’Ambrosio Marri

Casa editrice: Giunti Psychometrics

Nel saggio “Risorse umane e disumane”, Andrea Castiello d’Antonio e Luciana d’Ambrosio Marri propongono un viaggio-avventura tra le pieghe della cultura del lavoro, definito simbolicamente «Pianeta R.U.». Il titolo, giocando sulle parole “umane” e “disumane”, mette subito in evidenza la contrapposizione tra potenzialità positive e pericoli nascosti che si possono incontrare ogni giorno in azienda. Il tono è coinvolgente e dialogico, caratterizzato da una scrittura fluida che rende il libro accessibile anche a chi si affaccia per la prima volta a riflessioni sulla cultura del lavoro e i comportamenti interpersonali.

Il volume affronta una pluralità di temi, tra cui le convenzioni non scritte, il balance tra diritti e doveri, la gestione delle nuove generazioni, lo stress da performance e il pervasivo fenomeno del workaholism. Il Pianeta R.U. è descritto come un ambiente complesso, popolato non solo da persone e ruoli, ma anche da dinamiche psicologiche, tensioni intergenerazionali e tossicità latenti. Una tappa fondamentale della narrazione è dedicata alla distinzione tra “risorse umane”, coloro che portano valore e cooperano per uno scopo, e “risorse disumane”, figure inquietanti e perverse che minano il clima relazionale e il benessere organizzativo.

Molto efficace risulta il ricorso a interviste e testimonianze di direttori HR, che restituiscono un ritratto concreto di come queste dinamiche prendano forma nelle scelte di selezione, formazione e modelli di leadership. L’approccio degli autori è altamente contestualizzato e concreto: si concentra su esempi pratici, casi vissuti e storie aziendali reali che aiutano a dare vita alle riflessioni, trasformando concetti astratti in spunti subito spendibili. L’idea di “felicità organizzativa” non resta un esercizio teorico, ma diventa proposta operativa: come muoversi consapevolmente in un sistema complesso, difendersi da violenze psicologiche, coltivare resilienza individuale e collettiva.

Un aspetto importante emerge quando gli autori si soffermano sulla “memoria storica” delle organizzazioni, indicando l’importanza di utilizzare film, racconti e modelli del passato come strumenti di consapevolezza culturale. In questo passaggio, il testo si fa più riflessivo: non solo strumenti, ma anche riferimenti simbolici utili a capire il presente e progettare il futuro. Il confronto tra generazioni – dalla Beat Generation alla Bit Generation – viene trattato con attenzione, senza cadere in facili stereotipi, ma riconoscendo le differenze come terreno su cui costruire opportunità di dialogo e innovazione.

Parallelamente, il saggio affronta i rapidi mutamenti dell’era digitale e la necessità di nuove competenze: adattabilità, capacità di apprendere e generare processi di innovazione sono presentati come risposte al ritmo accelerato del mondo contemporaneo. Non si tratta di una mera teoria, ma di una sfida che chiede ai professionisti di diventare protagonisti: trasformare inquietudine in energia, disorientamento in curiosità, per continuare a operare in modo produttivo e a costruire senso.

Non mancano momenti di tensione in cui il testo mette allo specchio l’assenza di civiltà organizzativa, la fragilità dei ruoli e la fatica di gestire lo stress da risultati. Il libro offre percorsi di autodifesa e strategie per non diventare vittime delle dinamiche aziendali: tutelare il proprio stile di vita, riconoscere i segnali di deterioramento psicologico, valutare quando cambiare contesti per tutelare la propria dignità personale e professionale. Il lancio di suggerimenti pratici – come riflettere sul proprio posizionamento, lavorare sulle relazioni, chiedere feedback e supporto – offre strumenti utili per interpretare e modificare il sistema.

Il pregio del saggio sta nella sua onestà intellettuale: non promette soluzioni facili, ma stimola riflessione critica, consente di acquisire consapevolezza e fornisce percorsi per supportare la costruzione di ecosistemi di cultura del lavoro più umani. Se talvolta la densità delle tematiche risulta impegnativa, è proprio questa ricchezza a renderlo un testo di riferimento, che non si esaurisce in una lettura, ma continua a generare riflessioni anche dopo aver chiuso il volume.

In conclusione, “Risorse umane e disumane” rappresenta un contributo solido e stimolante alla riflessione sulla cultura del lavoro contemporaneo, perché aiuta a vedere l’azienda non solo come luogo di competenze e processi, ma come spazio di relazioni complesse, valori e contraddizioni. È un testo indicato agli HR, ai manager, ai coach e ai professionisti che desiderano vivere la cultura del lavoro non solo come performance, ma come esperienza qualificante e umanamente sostenibile.

Il libro potete trovarlo qui.