
Anno: 2020
Autore: Renato Pilutti
Casa editrice: Amazon
Pubblicato nel 2020, si colloca nel filone delle “cronache pandemiche” che hanno segnato il biennio Covid‑19, ma con una proiezione più ampia: non si limita a descrivere i fatti, bensì li traduce in riflessioni essenziali sulla condizione umana nel tempo dell’incertezza.
Pilutti adotta uno stile che alterna sguardo personale e orientamento universale: la sua scrittura non è solo descrittiva, ma interrogativa. L’autore decostruisce le narrazioni collettive dominanti – dati, bollettini, algoritmi – per restituire uno spazio mentale in cui le persone possano porsi domande più ampie: sul senso del tempo sospeso, sui meccanismi psicologici che si innescano in isolamento, e sul ruolo del racconto nella gestione delle crisi durante la pandemia.
Con 124 pagine concise e dense, Pilutti focalizza l’attenzione su temi che emergono quando la quotidianità si trasforma: relazioni, paura, fragilità, memoria e possibile rinascita. Non si limita a narrare il presente, ma mette in dialogo l’esperienza contemporanea con quelle pandemie passate – dal medioevo manzoniano alle grandi pestilenze – evidenziando come la diffusione in tempo reale delle informazioni abbia amplificato la portata emotiva e psicologica della crisi.
Il libro si struttura come un taccuino cognitivo, dove ogni capitolo avvia una riflessione, propone una domanda o lascia turbinare un’idea. Così, il lettore non viene passivamente informato, ma sollecitato ad attivare uno spazio interiore di comprensione. Non è un testo accademico, né un saggio clinico: è un calling all’attenzione, un tentativo di restituire alla pandemia una dimensione umana e pensata.
Un elemento centrale è il riferimento al celebre aforisma di Terenzio – “Nihil humanum mihi alienum est.” – che Pilutti reinterpreta per affermare che solo attraverso l’empatia possiamo elaborare il trauma collettivo. Non bastano i numeri, le terapie intensive o le misure di contenimento: serve un ricorso alla cultura umanistica e alle narrazioni simboliche, per dare un senso condiviso a un’esperienza epocale e riplasmante.
Il lettore, dunque, non trova formule per ripartire, e nemmeno esempi edificanti. Trova spunti, domande e spazi mentali. In un contributo definito da Piero Vigutto “linguaggio appropriato e coinvolgente” per offrire “strumenti di conoscenza preziosi”, Pilutti restituisce dignità al pensiero individuale e all’esperienza interiore, ferita e potenziata dalla crisi durante la pandemia.
Un libro che è una guida mentale più che pratica: non offre “cosa fare”, ma chiede “cosa pensare”. È scritto per chi cerca una lente cognitiva e umanistica sulle trasformazioni emergenti dopo la pandemia, più che un manuale di resilienza o autoripresa.
Dal punto di vista stilistico, il testo è leggero, scorrevole, eppure denso di richiami culturali: la citazione di Manzoni, il rimando alla memoria storica, l’uso del lessico evocativo fanno emergere una scrittura che non sfoggia complessità, ma la struttura con eleganza minimale.