cultura organizzativa - L'unica regola è che non ci sono regole: Netflix e la cultura della reinvenzione. Recensione di Piero Vigutto.

Anno: 2020

Autore: Reed Hastings e Erin Meyer

Casa editrice: Garzanti

Sin dalle prime pagine di L’unica regola è che non ci sono regole, il lettore percepisce di trovarsi di fronte a un testo che va oltre la mera cronaca aziendale. Reed Hastings, cofondatore e CEO di Netflix, insieme a Erin Meyer, docente alla INSEAD e autrice di studi sulla cultura d’impresa, mostrano come una delle realtà più innovative del pianeta abbia costruito la propria evoluzione non intorno a rigide procedure, ma a una filosofia potente: la libertà e la responsabilità. In questa narrazione il paradosso diventa pragmatismo: non è la mancanza di regole a generare caos, ma l’assenza di regole irrazionali e dannose, sostituite da principi condivisi.

La cultura di Netflix si fonda sul concetto di “talent density”: assumere pochissimo, ma quei pochi devono essere di altissimo livello. Hastings racconta che il destino di ogni dipendente si decide ogni anno, tramite il cosiddetto “keeper test”: se un manager non è disposto a battersi per trattenere una persona, allora è meglio lasciarla andare. È una modalità dura, ma trasparente, che mette al centro l’eccellenza come valore imprescindibile. In quest’ottica finisce per responsabilizzare ogni membro del team a dare il meglio, perché sapere che la performance è valutata costantemente motiva – e spaventa – allo stesso tempo.

Proprio l’elevata responsabilità individuale è possibile grazie alla pratica dell’open information: tutti i dati aziendali – finanziari, strategici, operativi – sono accessibili ai dipendenti. Non c’è più bisogno di un ufficio risorse controllore, c’è l’informazione diffusa come leva per sostenere decisioni autonome. Il capo, in Netflix, è qualcuno che spiega il contesto e poi si fida della squadra. Questa fiducia è reciproca: i dipendenti sanno di poter operare da adulti, senza dover chiedere permessi continui – dall’approvazione di spese alla gestione delle ferie, tutto è soggetto alla “act in Netflix’s best interest”, agire nell’interesse aziendale .

L’onestà radicale è un altro pilastro della cultura organizzativa di Netflix. La diffidenza verso linguaggi diplomatici è tradotta in feedback costanti e sinceri, senza paura di ferire, purché mosso da interesse per la crescita dell’altro. Hastings racconta come questa pratica – insegnata con formazione specifica – abbia portato a una comunicazione più autentica e al superamento del timore di criticare i colleghi, pur restando nel rispetto. Ed è proprio questo mix di accesso alle informazioni, libertà interpretativa e cultura organizzativa della feedback culture che rende possibili innovazioni rapide e strutturalmente radicali.

Non mancano episodi personali: Hastings descrive le difficoltà del fallimento del suo primo progetto, quando licenziò un terzo dei dipendenti e vide migliorare immediatamente l’engagement del gruppo rimasto. Da quell’esperienza nascono concetti come “non essere stupidi bastardi”, stringi la squadra su un set di regole implicite chiare. Un altro momento intenso è il confronto con il partner lontano e la gestione del feedback a livello personale: imparare a dire la verità anche nelle relazioni più delicate, perché crescere significa saper affrontare la verità .

Il testo alterna la voce di Hastings, che racconta in prima persona, alle analisi di Meyer, che con oltre duecento interviste offre una visione critica e comparativa, correggendo toni ossessivamente positivi o troppo idealistici. Insieme portano un equilibrio tra autoreflessione del fondatore e occhi esterni sulla cultura organizzativa.

Naturalmente, non è una ricetta per ogni azienda. Netflix è una realtà globale, R&D spinto, tecnologia e creatività, un ecosistema che funziona con le sue logiche e i suoi margini. Autori come Seth Godin ricordano che non tutte le organizzazioni possono permettersi questa libertà senza soffrire fratture. E Netflix stessa, citata dal Wall Street Journal, sta iniziando a rivedere la sua celebre policy del “libera ferie”: con un’organizzazione di 13.000 persone, qualche regola organizzativa è stata reintrodotta, spostando l’accento dalla libertà alla proprietà personale delle decisioni.

In definitiva, L’unica regola è che non ci sono regole è molto più di un libro aziendale. È un manifesto sul nuovo modo di intendere la cultura organizzativa, basato su fiducia radicale, onestà senza maschere, libertà personalizzata e responsabilità tangibile. È consigliato a CEO, manager, imprenditori, formatori HR e chiunque sia curioso di sapere cosa si può ottenere quando si smette di pensare in regole di controllo e si inizia a progettare un sistema dove le persone vengono trattate da adulti. Netflix è la frontiera, non la norma: il valore del testo sta nel far riflettere e interrogare le proprie convinzioni, spingendoci a reinventare – davvero – il futuro del lavoro.

Il libro potete trovarlo qui.