
Anno: 2017
Autore: Matteo Fini
Casa editrice: Priuli & Verlucca
è più di un libro: è una testimonianza corrosiva e irriverente sull’università italiana, raccontata direttamente da chi l’ha vissuta dall’interno. Autore, dottorando e docente presso l’Università di Milano per oltre un decennio, Fini sceglie un titolo provocatorio per scuotere il torpore accademico e ribadire che dietro a un’apparente rispettabilità si nasconde un sistema logorato da favoritismi, clientele e, nelle parole di qualcuno, persino prostituzione professionale.
Sin dalle prime pagine emerge una scrittura agile e spiazzante, che alterna ironia e amarezza. I lettori apprezzano proprio questo equilibrio: “leggero e divertente, nonostante la gravità dei temi trattati” . Lo stile scorrevole fa emergere contraddizioni, paradossi e assurdità di un ambiente che di accademico ha sempre meno, ma di potere esercitato in modo opaco ha sempre di più.
Il libro è costruito intorno a episodi veri o verosimili: concorsi banditi “su misura per far vincere un candidato già scelto”, spreco di fondi di ricerca, pubblicazioni di cartapesta realizzate da mezze-case editrici complici… Un mix tra diario e saggio in presa diretta, che punta il dito non solo contro chi favorisce, ma anche contro chi si adatta a un meccanismo malato .
Un punto di forza è la conoscenza diretta: Fini racconta da dentro. Questa testimonianza è resa ancora più potente dal «monologo teatrale» che lo ha reso noto e che, per la prima volta, ha portato in pubblico un libro che ancora non esisteva . Questo percorso è un esempio di storytelling che non segue logiche editoriali tradizionali ma cavalca l’urgenza della denuncia e dell’inatteso.
Tra le testimonianze di chi ha letto il libro, spicca il parere di un dottore di ricerca: “con chiarezza e velata ironia descrive l’inutile esamificio e concorsificio che è l’università italiana”. Oppure l’osservazione che, pur affrontando argomenti pesanti, lo fa “in modo leggero e scherzandoci sopra” . Questo tono evita di trasformare l’opera in un pamphlet aggressivo e la mantiene fruibile e portatrice di condivisione ampia.
Il libro non risparmia nessuno: docenti, commissioni, case editrici e – in qualche passaggio forse – l’autore stesso, accusato da un recensore di essersi portato a casa una posizione da “ben disposto al sistema” prima di denunciare. È un meta-paradosso che non viene ignorato, ma messo in luce proprio per stimolare una riflessione profonda sulle responsabilità individuali e collettive .
Le pagine scorrono in un racconto configurato come rassegna di vizi accademici: concorso truccati, missioni vacanza massage, pubblicazioni fittizie, prodotti editoriali privi di valore sostanziale . Fini non drammatizza, ma rende evidente la logica perversa del “sistema” che sopravvive non grazie all’eccellenza, ma per adesione a regole che preservano gruppi organizzati.
“Università e puttane” è un libro che, più che spiegare, smuove. Non fornisce soluzioni, ma invita a riflettere sul significato del merito, del riconoscimento e del cambiamento. Racconta una storia di dentro e la trasforma in simbolo: l’università italiana non è un luogo neutrale, ma un microcosmo dove potere, affetti e interessi si intrecciano in modo spesso opaco. Il lettore – studente, docente o semplice cittadino – esce dal libro con più dubbi di prima, ma anche con la percezione che il cambiamento può partire dalla parola sincera e urgente di un monologo inaspettato.