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Talento… ne abbiamo?

Talento. Un mantra ormai sui tanti social, come se le aziende avessero bisogno solo di talenti per sopravvivere e per continuare a lavorare. Una ricerca continua, fatta di un corteggiamento serrato del candidato perfetto senza il quale tutto potrebbe crollare. “Non so come abbiamo fatto fino ad ora che avevamo solo persone normali”? Il virgolettato appartiene ad un imprenditore che aveva appena acquisito (pagandolo carissimo) quello che a suo dire era il dipendente più talentuoso da vent’anni a questa parte. La domanda spontanea che mi sono fatto è stata: ma perché avete atteso vent’anni, non potevate farlo anche prima?

Come lui/lei mai nessun’altro prima… Talenti, tanto rari e speciali, difficili da trovare tanto quanto un quadrifoglio in un campo di erba medica durante la notte più buia. Preziosi perché tutti ne vogliono almeno uno.

Abbandoniamo per un attimo la facile ironia sulla facilità con cui alcuni cercano di incamerare i talenti nelle proprie imprese e cerchiamo di dare una connotazione alle persone talentuose. Ecco, di persone parliamo e proprio per questo distinte e distinguibili da altre (altrimenti non sarebbero talenti). Prima di iniziare con la ricerca, l’imprenditore e i manager dovrebbero chiedersi innanzitutto quali sono le caratteristiche del talento che stanno ricercando. Fa parte di quella che si chiama job description che non è fatta unicamente di competenze tecniche ma anche di quelle trasversali. E’ quindi il caso di rinverdire quei documenti che spesso vedono la luce del sole solamente durante un audit per dimostrare che la selezione si fa e su basi solide, ed iniziare a compilare un documento serio di selezione che esca dal cassetto un po’ più che occasionalmente e solo nelle occasioni speciali.

Dato il punto di partenza, non discuto del processo ma del punto di arrivo che, anche prima di partire per l’avventura del “trova il talento”, ha una destinazione ben ovvia. Se è vero che il futuro dipendente talentuoso ha caratteristiche spendibili solo nella nostra impresa (non a caso le decine di CV si riducono ad una rosa di candidati di cui viene scelto solo uno), è altrettanto vero che quella persona è unica e potrà esprimersi solo in un certo ambiente.

Mi spiego meglio: se è vero che il talento è come un quadrifoglio, quasi introvabile, è altrettanto vero che il quadrifoglio non può crescere dappertutto. Prendete Albert Einstein, per dirne uno, ha dimostrato in vita un talento incredibile ma non quando lavorava nell’ufficio brevetti di Berna dove non si era particolarmente distinto. Ha dimostrando tutto il suo talento solo in una condizione diversa da quella di impiegato, in un luogo che gli dava la possibilità di riflettere e creare.

Il talento quindi è colui che pur possedendo determinate caratteristiche riesce ad esprimerle solamente in uno specifico contesto. Da qui le considerazioni finali:

  1. potreste avere talenti in azienda di cui non conoscente il reale potenziale;
  2. prima di investire una barca di soldi nella ricerca del Santo Graal fate un’analisi interna seria della vostra impresa, magari scoprirete che la Divina Coppa sta proprio nell’ufficio accanto;
  3. mettetevi in discussione ponendovi alcune semplicissime domande: sto fornendo davvero tutti gli strumenti necessari ai miei collaboratori per sviluppare il loro potenziale? Sto dando loro l’ambiente migliore in cui crescere, svilupparsi e dimostrare quanto valgono? Ascolto davvero le loro proposte? La mia azienda è un buon substrato per far crescere quadrifogli?;
  4. alle domande che vi siete posti non rispondete voi ma fate rispondere alle vostre persone (altrimenti non funziona);
  5. Ascoltate… ascoltate… ascoltate;

Alla fine dei conti, cos’altro sono i talenti se non persone normali a cui è stato dato sufficiente spazio per esprimere quello che sono.

Piero Vigutto

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