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Il metodo dei nudge applicato al benessere aziendale

Se sono giovani… li vogliamo. Margherita Guerrini, neolaureata in Scienze delle Comunicazioni e adesso apprendista presso lo Studio Gefar. Grazie al suo percorso di studi e al suo tirocinio curricolare, sempre presso lo Studio Gefar, si è scoperta un’appassionata di economia e di welfare e si è confermata un’appassionata di Persone. Grazie a queste suoi interessi ha scelto di laurearsi all’Università degli Studi di Siena con una tesi in economia sperimentale dal titolo: “Il welfare Aziendale e la Spinta Gentile: applicare la Teoria dei Nudge nel mondo del lavoro per creare benessere”.

La tua tesi “il welfare aziendale e la spinta gentile: applicare la teoria dei nudge nel mondo del lavoro per creare benessere” parla principalmente della così detta spinta gentile, come sei entrata in contatto con questo approccio?

Durante il mio ultimo anno di università ho seguito un corso di economia sperimentale durante il quale il nostro professore, che poi è diventato il relatore della mia tesi, ci ha parlato di questa teoria relativamente nuova. Il libro “The Nudge – la Spinta Gentile” è stato quindi materia di esame. Il caso ha poi voluto che durante la preparazione di questo esame stessi svolgendo il tirocinio curricolare presso lo Studio Gefar, ed è proprio lì che ho avuto l’idea di trovare un punto comune tra la Teoria dei Nudge e il welfare aziendale, in modo che potessero essere utilizzati insieme.

Cosa ti ha appassionato così tanto di questa teoria da spingerti a farne l’argomento principale della tua tesi?

In realtà in primis mi sono appassionata alla materia economica che stavo studiando, è stato strano perché ero molto spaventata da questo corso in quanto la matematica non è mai stata una mia passione, pensavo quindi che mi sarei ritrovata immersa nei numeri e la cosa mi terrorizzava. Invece alla fine ho scoperto che questo tipo di economia parla poco di numeri e tanto di persone. Anche il testo di Daniel Kahneman (“Pensieri lenti e veloci”) che ho usato per preparare l’esame si avvicina più ad un romanzo che ad un manuale universitario, non c’è da stupirsi quindi se l’autore, nonostante il suo Nobel per l’economia, viene considerato più un psicologo che un economo. Quindi ad un certo punto del mio ultimo anno ho deciso che la mia sarebbe stata una tesi economica, poi, come ho detto prima, l’esperienza nello Studio Gefar mi ha aiutata a mettere insieme le idee e a dare una prima forma a ciò che poi sarebbe diventato il mio progetto di tesi. La Teoria dei Nudge mi ha poi appassionata perché parla di persone e alle persone. Soprattutto ho trovato estremamente interessante il concetto di Paternalismo Libertario, su cui poi si basa gran parte della teoria, che vista la sua stessa composizione antitetica, può sembrare un concetto paradossale, invece esprime l’idea che sia possibile e legittimo per le istituzioni sia pubbliche che private influenzare il comportamento delle persone e allo stesso tempo rispettarne la libertà di scelta.

Nel tuo elaborato parli tanto anche di welfare, come sei riuscita ad integrare questo argomento alla teoria dei Nudge?

Avendo paura che il passaggio non fosse chiaro ho cercato di scrivere la mia tesi come se fosse una storia, dividendola sostanzialmente in tre punti. Inizialmente ho fatto un introduzione al welfare, poiché mi sono resa conto che le persone per cui scrivevo ne sapessero decisamente poco, ho parlato della sua nascita, della sua storia, dei vantaggi, ma soprattutto ho parlato di quello che ho imparato essere il giusto modo di fare benessere, ossia quello basato sulle persone e i loro bisogni, sottolineando che è necessario introdurre nelle aziende piani che soddisfino le esigenze dei lavoratori così che questi ultimi abbiano la percezione che i motivi principali per cui il piano è stato introdotto non riguardino esclusivamente vantaggi economici e di marketing. Nella parte centrale ho analizzato il concetto di benessere più da vicino, evidenziando come si tratti di un concetto che si trova in costante evoluzione, vista la sua natura così complessa ma anche estremamente interdisciplinare. Sempre in questa parte ho introdotto il concetto di benessere organizzativo e la Teoria dei Nudge. Ho voluto dimostrare che, pur essendo una teoria prettamente economica che trova applicazione soprattutto nell’approccio alle cosiddette scelte complesse, questa teoria può essere funzionale anche nel mondo del benessere aziendale, perché: nell’ambito della sicurezza sul luogo di lavoro può far si che le persone attuino il comportamento desiderato senza sforzo, o meglio, senza piena consapevolezza; permette di agire sul contesto lavorativo, rendendolo più inclusivo, così da stimolare la creazione di idee, perché discutere in gruppi più ampi permette di superare l’ostacolo dell’imbarazzo, grazie alla caratteristica puramente umana di piegarsi al conformismo e al consenso delle altre persone; ed infine che anche alcune modifiche allo spazio fisico del lavoro possono creare nuove situazioni all’interno degli ambienti lavorativi, anche questo succede grazie ad un’altra capacità umana, ossia quella di adattarsi alle nuove situazioni e di farsi plasmare da esse. Nella parte finale ho invece parlato di GefarApp, l’app per il dipendente che misura il clima aziendale, essa è stata il trampolino che ha preparato chi leggeva a quelle che sarebbero state le mie conclusioni.

Quindi quali sono state le conclusioni a cui sei arrivata?

In primo luogo ho cercato di sottolineare che creare ambienti lavorativi volti al benessere non risulta quasi mai un compito semplice, poiché come evidenziato in precedenza, il concetto di benessere appare essere spesso troppo complesso e soggettivo. Però la Teoria dei Nudge è capace di rivelarsi un valido alleato nella creazione di ambienti lavorativi basati sul benessere e volti alla crescita del dipendente, soprattutto quando si parla in termini di sicurezza sul luogo di lavoro. In sostanza analizzando con attenzione le mie argomentazioni mi è stato possibile affermare che la comunicazione è ciò che si trova alla base della creazione di ambienti lavorativi volti al benessere, ciò ci viene dimostrato anche dal fatto che l’inserimento in azienda di uno strumento come GefarApp permette di creare una comunicazione di tipo bi-laterale tra i dipendenti e i vertici dell’azienda che è ciò che permettere lo sviluppo di un ambiente di lavoro sano, propositivo e volto al cambiamento e all’innovazione. Quindi una buona comunicazione, tra dipendente e datore di lavoro, tra dipendente e dipendente, ma anche tra i dipendenti e chi si trova all’esterno dell’azienda, permette la creazione di un luoghi lavorativi senza dubbio volti al benessere psicofisico. Comunicando è infatti possibile evidenziare le problematiche all’interno dell’azienda, ma anche suggerire soluzioni, e insegnare a rendere l’ambiente lavorativo più sicuro. È necessario quindi in primo luogo imparare qual è il giusto modo di fare welfare, ossia quello associato alle persone e ai loro bisogni, capire come comunicare sarà poi necessario per mettere in pratica ciò che è stato assimilato. Comprendere i bisogni delle persone è il primo passo, ma anche una buona comunicazione è da considerarsi fondamentale per creare ambienti sani, prima ancora dei benefit o delle strategie più complesse.

Suggerisci un libro e un film sull’argomento

Da appassionata di lettura quale sono non me la sento di consigliare un libro soltanto, quindi ho deciso di consigliare i due libri che mi hanno più segnata in questo percorso, primo su tutti ovviamente “The Nudge” di Richard Thaler e Cass R. Sunstein, e poi il libro “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman che ha aperto le strade alla inedita passione che ho sviluppato per l’economia sperimentale e che, in qualche modo, ha anche cambiato il mio modo di vedere il mondo. Il film a cui ho pensato invece è un film da Oscar, ossia BoyHood. Il film parla della vita del giovane Mason, dai sei anni fino ai diciannove anni, quando entra al college. Ho pensato a questo film perché ci permette di seguire da vicino l’evoluzione del protagonista, influenzato anche da tutte quelle “spinte gentili” che ogni giorno la vita ci offre. Alla fine del film mi sono ritrovata a pensare “come sarebbe andata se…?” Nello stesso modo in cui spesso ci domandiamo quanto i fattori esterni ci possano influenzare nelle nostre vite, e quanto possa esserci utile essere influenzati, anche inconsapevolmente, così come ci spiega la teoria della Spinta Gentile.

Piero Vigutto

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