
Quali sono le caratteristiche della folla che il leader deve conoscere per migliorare il proprio appeal sul team di lavoro?
Com’è mia abitudine ormai da anni, a colazione ascolto i fatti che vengono proposti dai vari Tg. Confesso che prima delle 07.30 la mia attenzione è generalmente opacizzata e le notizie che mi arrivano dal TV sono più un rumore di sottofondo che non una vera e propria fonte di informazioni. Oggi però, quel brusio ha fatto più rumore del solito attirando la mia attenzione.
Come ogni mercoledì avevo già pronto un articolo da pubblicare alle 13.00. L’argomento della settimana era il rapporto tra formazione, prevenzione e sicurezza. Avevo curato l’immagine con qualche foto, inserito i link agli altri articoli correlati e alla pagina del mio libro. Era pronto anche il template della mail e il programma di condivisione del post sui vari social network (Linkedin, Facebook, Twitter @HROConsulting e G+) ma oggi 09 novembre 2016 ci siamo tutti svegliati con una percezione diversa del mondo. Non dico migliore o peggiore, dico diversa forse più consapevole… forse. Così ho deciso di riscrivere tutto da capo. Neanche a farlo apposta, quasi fosse un segno premonitore, da qualche tempo sul mio comodino mi fa compagnia una copia della Psicologia delle Folle di Gustav Le Bon (1895) un’opera incredibilmente attuale sia per l’analisi puntuale dei meccanismi psicologici e sociali delle folle, sia perché, sorprendentemente, da più di un secolo le masse sembrano non aver mutato il loro modus operandi. Forse la psicologia delle folle è da sempre la stessa solo che ci voleva un grande studioso come Le Bon per sezionarle e comprenderne l’anatomia.
Ci sono alcuni passaggi dell’opera che mi hanno sempre fatto riflettere, uno tra tutti è quello che si riferisce alla legge psicologica dell’unità mentale delle folle che afferma:
“…quali siano gli individui che la compongono, simile o dissimile sia il loro genere di vita, le loro occupazioni, il loro carattere o la loro intelligenza, il solo fatto che essi sono trasformati in folla, li fa partecipi di un’anima collettiva. Quest’anima li fa sentire, pensare e agire in un modo completamente diverso da come sentirebbero, penserebbero e opererebbero isolatamente”
In pratica l’autore evidenzia come la folla fagociti assorbendo le caratteristiche individuali di ogni componente per omogeneizzarle “l’eterogeneo si sommerge nell’omogeneo” come dice l’autore. Un tema interessante ripreso anche nel film “L’Onda” di Dennis Gansel (2008) che consiglio a tutti di vedere.
Ora di certo non voglio tediare il lettore con considerazioni da scienziato politico, non è né lo scopo dell’articolo né tanto meno quello del blog, quindi come sempre contestualizzerò quello che ho detto nella dimensione aziendale della gestione del personale. Oltre a quella già citata, mi riferirò quindi ad un’altra legge che governa la folla su cui conviene riflettere per organizzare meglio il proprio stile di leadership. Le Bon infatti dice:
“…il contagio mentale, interviene ugualmente per determinare nelle folle la manifestazione di caratteri speciali e nello stesso tempo il loro orientamento. (..) In una folla, ogni sentimento, ogni atto è contagioso, e contagioso a tal punto che l’individuo sacrifica il suo interesse personale all’interesse collettivo”
Un fenomeno interessante che all’interno di un’azienda si traduce con la parola engagement, ovvero il coinvolgimento del personale nello spirito dell’azienda, nella sua missione, nella visione e, ovviamente, nei suoi valori che altro non sono che le regole attraverso cui si muove, vive ed opera la piccola grande folla dei membri presenti all’interno dell’impresa. Il contagio mentale di cui l’autore parla, a mio avviso diventa in azienda un’opportunità di cambiamento e di orientamento verso obiettivi comuni. Attraverso il contagio mentale il leader può proporre e divulgare il proprio stile, comunicando al meglio gli intenti, condividendoli e coinvolgendo il personale nel loro raggiungimento. E’ sicuramente una questione di corretta comunicazione ma anche di relazione interna e di chiarezza.
Con questo non intendo dire che ci sono stili di leadership migliori o peggiori di altri ma, come diceva Fiedler nella Teoria della contingenza (1965), lo stile di leadership dipende da tre elementi:
- Le relazioni tra leader e dipendenti: la presenza o assenza di un clima affettivo positivo, di reciproca fiducia e lealtà aiuta la diffusione di idee e il coinvolgimento della folla/team nel raggiungimento degli obiettivi;
- La struttura del compito: il grado di precisione e chiarezza con cui viene definito il compito assegnato al gruppo. Ritorna quindi prepotentemente il discorso sull’importanza del saper comunicare, argomento dato spesso scontato che si crede di gestire al meglio ma spesso così non è;
- Il potere del leader: il livello di potere assegnato al leader dall’organizzazione e di conseguenza la sua capacità di influenzare i membri del gruppo;
Per tornare a Le Bon
“L’individuo della folla è un granello di sabbia in mezzo ad altri granelli di sabbia che il vento solleva a suo capriccio”
Tutto quello che il team leader deve fare è scegliere quale contaminazione vuole dare e quale tipo di vento vuole essere.
La tua opinione ci interessa. Ora puoi commentare l’articolo direttamente su questo blog!
Se questo articolo ti è piaciuto allora vorrai leggere anche:
I motivi per avere un HR Business Partner
È vero che un ambiente con elevati scambi sociali aumenta la produttività del dipendente?
CARON A&D dove il concetto di customer satisfaction assume un significato diverso