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Difendi a tutti i costi le tue scelte. Il carisma che fa male alle imprese

Il carisma è stata per tanto, troppo tempo, quella parola che identificava il massimo livello raggiungibile da un leader. Peccato che in questa prima frase ci siano due concetti desueti: il primo è carisma, il secondo è quello di leader. Sta cosa del cercare il leader assoluto, il conduttore carismatico, la persona che salva tutti indicando la strada è un concetto così obsoleto che sinceramente mi stupisco che ci sia ancora un florilegio di articoli su questi temi.

Intanto la confusione generata da anni di inutili corsi motivazionali ove il carisma era quella caratteristica individuale propria dei leader. Niente di più generalizzato. Ancora una volta l’etimologia ci aiuta a capire meglio: dal greco khárisma, derivato di kháris ‘grazia’ (prima metà sec. XIV). Già qui dovremmo capire qualcosa, chi possiede il carisma ha ricevuto una specie di grazia o vive in stato di grazie. Infatti, alla voce carisma, nel vocabolario troviamo: sostantivo maschile 1. Nel linguaggio teologico, dono divino largito a un credente a vantaggio dell’intera comunità; in senso più lato, la grazia santificante trasmessa dai sacramenti e anche i sacramenti stessi. 2. Fig. Quanto concorre a determinare un ascendente o un’influenza indiscutibile e generalizzata su altri (autorità, saggezza, dottrina, prestigio, fascino, ecc.).

Chi ritiene di far parte della prima categoria e quindi di aver ricevuto un dono divino dovrebbe mettere in primis in dubbio il proprio equilibrio mentale, per questo motivo non ritengo che questa sia la sede per discuterne. Nel secondo caso è palese che il carisma non è un’unica qualità o caratteristica ma un insieme di qualità e caratteristiche (autorità, saggezza, dottrina, prestigio, fascino, ecc.). Il carisma quindi non è una caratteristica ma più tratti personali e personologici di un individuo e, è palese anche questo, non sono correlate ad una posizione o ad un ruolo: chiunque, in qualunque posizione, potrebbe manifestare queste caratteristiche. Dulcis in fundo, non è neppure correlata necessariamente alla leadership.

Questa la conoscete tutti perché l’hanno ripetuta in ogni contesto fino alla nausea: leader dall’inglese to lead, condurre. Se al prossimo corso sulla gestione delle persone il formatore/trice o consulente parte da questa definizione senza poi contestare la frase, a mio avviso siete autorizzati a chiudere il corso o il seminario perché chi ripete a pappagallo concetti degli anni ’90 (intendo 1890) non dovrebbe stare in aula o fare il consulente. Detto questo possiamo dichiarare che quest’ultimo anno ha messo definitivamente in pensione il leader come li conoscevamo ed è emerso chiaramente che:

Primo, le persone si arrangiano. Guarda un po’! Le aziende che hanno resistito a tutto quello che c’è stato hanno puntato sulla responsabilità diffusa non su un’unica persona carismatica. Chi ha reagito immediatamente era pronto per farlo non tanto dal punto di vista tecnologico, se ancora non conoscevi le varie piattaforme per capire come fare e cosa usare per gestire le persone da remoto bastava chiedere a Google, ma dal punto di vista relazionale. La valorizzazione dell’altro e delle sue competenze hanno aiutato le aziende a gestire ciò che le ha travolte. E’ servito molto di più il supporto che il controllo, il confronto dell’ordine, la gestione della comunicazione relazionale che la circolare. Il carisma del singolo è rimasto in un angolo a guardare.

Secondo, il leader non ha proferito parola. Se le persone si arrangiano da sole significano che non hanno bisogno di essere condotte. Non c’è stato bisogno di cani pastore che conducessero le pecore verso i verdi pascoli. Dite la verità, vi siete stufati del to lead, vero? Sinceramente era ora che venisse a galla questa discrasia nel rapporto malato leader-follower. Se le persone si arrangiano e quindi già conoscono la strada da percorrere, non serve condurle ma basta accompagnarle. Il ruolo del vecchio leader solo al comando, davanti a tutti sul sentiero che illumina con la sua magnificenza, cambia per diventare un compagno di viaggio che magari ha scelto il sentiero ma comunque è un compagno di viaggio a cui si guarda per l’esperienza e capacità non perché dà ordini.

Insomma, i tempi sono cambiati. Il vecchio leader conducator pieno di carisma deve lasciare il passo a chi ti sa accompagnare sulla strada che stai percorrendo utilizzando la sua esperienza per spianarti la via e semplificarti i passaggi ché nei viaggi il rapporto è sempre biunivoco e d’aiuto reciproco, altrimenti non sei un viaggiatore ma un turista.

Piero Vigutto

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